Pechino caccia Zhang Qingli, il “mastino del Tibet”
Il segretario del Partito comunista di Lhasa è stato rimpiazzato da Chen Quanguo, considerato uomo “di dialogo”. Negli oltre 5 anni di dominio sulla regione Zhang ha provocato scontri e condannato centinaia di dissidenti e leader del buddismo tibetano.
Lhasa (AsiaNews/Agenzie) – La Commissione centrale del Partito comunista cinese ha rimpiazzato Zhang Qingli, il segretario del Pcc del Tibet considerato “il mastino” della regione. Noto per le sue posizioni intransigenti non solo nei confronti del Dalai Lama, ma proprio di tutta l’etnia tibetana, Zhang è considerato responsabile degli scontri violenti avvenuti nella regione durante il suo dominio. Al suo posto va Chen Quanguo, considerato uomo di dialogo.

La rimozione è stata annunciata il 25 agosto dall’agenzia di stampa governativa Xinhua, che però non ne spiega il motivo e non rivela la nuova posizione cui Zhang è stato destinato. Entrato in carica nel maggio del 2006, Zhang ha portato avanti politiche etniche estremamente aggressive e ha concesso praticamente sempre alla polizia locale l’uso della forza per fermare manifestazioni e proteste.

La crisi maggiore venne affrontata nel 2008, quando – guidati da alcuni monaci in marcia – decine di migliaia di tibetani scesero in piazza per protestare contro il governo di Pechino e le violenze perpetrate nella regione. Zhang inviò l’esercito in tenuta anti-sommossa per sedare la situazione: centinaia di persone morirono per le strade. Da allora il suo governo ha emesso durissime sentenze contro tutti i presunti responsabili delle violenze, ovviamente tutti tibetani.

Pessimo anche il rapporto con il Dalai Lama, definito “un lupo vestito da monaco” e accusato di “fomentare una cricca di violenti con lo scopo di rovesciare il legittimo governo tibetano”. Soprattutto queste definizioni hanno provocato nel tempo l’ira della popolazione locale, che non ha mai abbandonato il sogno di rivedere il proprio leader religioso in patria.