Tripoli, per combattere la guerra contro Gheddafi si usano bambini e adolescenti
Imprenditrice italiana racconta che per la città si aggirano bambini di 9 anni armati fino ai denti dai ribelli. Necessarie forze di polizia per riportare la sicurezza per le strade e impedire le vendette fra lealisti e ribelli. Gheddafi scappa con i figli maggiori a sud-est di Tripoli e manda la moglie e la figlia in Algeria.
Tripoli (AsiaNews) – “Alla Nato non importa nulla dei civili. Nella battaglia per Tripoli è stata decimata una generazione. Al fianco dei ribelli hanno combattuto ragazzini e giovani dai 9 ai 25 anni, che ora si aggirano per la città armati fino ai denti, credendo di avere in mano dei giocattoli”. È quanto afferma ad AsiaNews Tiziana Gamannossi, imprenditrice italiana residente a Tripoli. “Occorre subito una forza di polizia per riportare la sicurezza nelle strade – spiega la donna – ed evitare vendette fra lealisti e ribelli”.

Intanto, ribelli e forze Nato continuano a stringere la morsa militare da est e da ovest su Sirte, citta' natale del rais. Essi si trovano a soli 30 km dalla sua roccaforte e starebbero trattando con le tribù locali per una resa pacifica della città. La possibile caduta di Sirte avrebbe però spinto Gheddafi a trovare rifugio con i figli Saif al-Islam e Saadi a Bani Walid, a circa 100 km a sud–est di Tripoli. Egli starebbe tentando di raggiungere il Fezzan, la regione al confine con il Ciad ancora in mano alle tribù beduine, da sempre alleate del rais. La moglie Safia e la figlia Aisha, che ha partorito una figlia, avrebbero invece varcato il confine con l’Algeria.

Tiziana Gamannossi spiega che con la fuga di Gheddafi da Tripoli la situazione sta migliorando. "dopo giorni di feroci combattimenti e il rischio di una catastrofe umanitaria - afferma la donna - i ribelli hanno ormai il controllo della città e da ieri ci sono check-point ogni 100 metri. Da qualche giorno hanno iniziato a distribuire viveri gratis, acqua e si stanno impegnando per aiutare la popolazione”. La donna dice che anche alcuni negozi hanno riaperto, ma i prezzi sono aumentati di almeno dieci volte. “Prima della guerra - spiega – un chilo di mele costava 1,5 dinar ora più di 10. Fra cittadini ci si aiuta, si mangia insieme, ci si protegge, chi ha la macchina accompagna in giro chi è piedi”.

Tuttavia, il clima resta teso. La donna racconta che le strade sono ancora piene di barricate, auto in fiamme, case distrutte e fra la popolazione si parla di caccia all’uomo contro gli ex del regime. “Qualcuno mi dice che li prendono e li mettono in case trasformate in prigioni per processarli – spiega l’imprenditrice - ma secondo altri li catturano e li uccidono”. La paura di vendette ha spinto molti immigrati africani a fuggire, temendo di essere scambiati per mercenari. “I neri sub-sahariani sono spariti dalla circolazione, sono tutti terrorizzati, andati via – dice – i ribelli come li trovano li prendono e li portano via. Non si sa cosa facciano di questa gente”. Tuttavia la donna spiega che è impossibile schierarsi. Vendette e azioni criminali contro i civili avvengono da entrambe le parti, perché questa è nata come una guerra fra due fazioni politiche.

Per la Gamannossi, contro l’esercito di Gheddafi hanno combattuto dei professionisti addestrati alla guerra, non dei semplici civili. Una volta entrati a Tripoli, essi hanno armato adolescenti fra i 9 e 25 anni, mandandoli allo sbaraglio e lasciandoli trucidare dalle truppe lealiste. “Solo ora che sono finiti i combattimenti – spiega la donna – si vedono alcuni adulti al fianco di questi giovani combattenti”.

Secondo la donna sono le nuove generazioni le principali vittime di questa assurda guerra, che poteva essere evitata. “Dopo lo shock di questi mesi – spiega – la popolazione ha iniziato a riflettere sulle ragioni che hanno portato alla distruzione della Libia. Ogni giorno i miei vicini di casa e conoscenti libici mi chiedono perché l’occidente, soprattutto gli amici italiani, non sono intervenuti subito per mediare e trovare una soluzione politica. Loro chiedevano un aiuto per sedare una lotta fra due fazioni, non le bombe e le armi che hanno seminato solo morte e distruzione”. (S.C.)