Donne indù, musulmane e cristiane in difesa della libertà religiosa
di Kalpit Parajuli
Alla festa in onore del dio Shiva, le donne indù criticano il nuovo codice penale che vieta le conversioni. Per loro, le nuove leggi rappresentano l’opinione dei politici conservatori non di tutta la popolazione.
Kathmandu (AsiaNews) – Alla festa del teej, in onore di Shiva, le donne indù chiedono ai leader politici di difendere la laicità dello Stato e i diritti delle minoranze. Le celebrazioni in onore del dio Shiva si sono tenute ieri in tutto il Paese. Ad esse hanno partecipato esponenti di altre religioni fra cui musulmani e cristiani.

“La nostra festa – afferma Binda Pudel esperta di cultura indù – dovrebbe essere aperta a tutti. Anche le altre minoranze religiose devono poter celebrare le loro ricorrenze”. “Noi donne aggiunge - abbiamo cantato a favore della laicità del Paese e per il rispetto delle fedi religiose diverse dall’induismo”.

La proclamazione dello stato laico nel 2007 ha dato la possibilità alle minoranze di celebrare le proprie attività liturgiche in pubblico. In questi anni si è consolidata l’usanza di invitare leader e amici di altre religioni alle proprie feste. Le più famose e partecipate sono il Natale per i cristiani, il Dashain per gli indù, l’Eid al Fitr per i musulmani, il Vesak per i buddisti. Con il nuovo codice penale proposto dal parlamento, queste occasioni di incontro non saranno più possibili. Il nuovo codice con la motivazione ufficiale di “evitare contrasti religiosi”, privilegia di fatto la religione indù rispetto alle altre, fino a frenare la libertà di espressione e di conversione da una religione all’altra.

Per Sima Khatun, leadaer musulmana, la popolazione crede all’armonia e alla convivenza pacifica fra fedi diverse, sono invece i politici che sfruttano e fomentano lo scontro fra le religioni. Ciò diffonde un’idea sbagliata del Nepal e soprattutto degli indù. “Le donne indù – racconta – mi hanno invitato al teej e come segno di amicizia hanno partecipato alla festa per la fine del Ramadan”.

Mandira Sharma, donna indù e attivista, critica la proposta di revisione del codice: "Nonostante la proclamazione dello Stato laico – spiega - vi sono ancora molti politici conservatori favorevoli a un Paese confessionale e conservatore. Sono loro che spingono per un nuovo codice penale, non la popolazione indù”. Damodar Sharma, importante esponente delle donne indù, sottolinea che “nessuno è contrario alle conversioni se non sono forzate. Ciascun cittadino ha il diritto di scegliere la propria fede”.