A 10 anni dall’11 settembre, il dialogo dell’islam per la pace
di Nirmala Carvalho
P. Victor Edwin, esperto di relazioni tra islam e cristianesimo, spiega come è cambiato il rapporto tra le due comunità e lo stesso mondo islamico, dopo gli attentati di New York nel 2001. Per i musulmani indiani l’analfabetismo è il nemico più grande.
Mumbai (AsiaNews) – “Numerosi chierici, teologi e accademici musulmani hanno condannato gli attentati dell’11 settembre, denunciando pubblicamente il terrorismo e dichiarando in termini inequivocabili che l’islam non sostiene la violenza”. A dieci anni dagli attacchi alle Torri gemelle di New York, p. Victor Edwin, gesuita dottorando in Relazioni cristiano-musulmane all’università Jamia Millia Islamia di New Delhi, spiega cosa è cambiato nei rapporti con i musulmani, in India, e cosa sta cambiando nello stesso mondo islamico.

Il gesuita ricorda alcune iniziative che clero, guide e teologi musulmani hanno varato per aprire una strada di dialogo e collaborazione con il mondo cristiano e non: “Nel novembre 2004, re Abdullah II ibn al-Hussein di Giordania e accademici musulmani di 45 Paesi hanno lanciato il Messaggio di Amman. Il documento condannava tutte le forme di estremismo e uccisioni indiscriminate; enfatizzava l’unicità dell’umanità; ribadiva al mondo che l’islam è sinonimo di pace e che ogni violenza nel nome di questa religione è contraria alla sua stessa natura. Nell'ottobre 2007, 138 teologi musulmani hanno firmato la lettera aperta A Common Word (Acw), indirizzata a papa Benedetto XVI. Il documento invitava 27 leader cristiani a incontrarsi su un terreno comune per lavorare per la pace e l’armonia nel mondo”. “In un’atmosfera così tesa – sottolinea p. Edwin – queste sono iniziative coraggiose”.

Secondo il sacerdote, anche per questa ragione “le rivoluzioni dei gelsomini in Tunisia e in Egitto hanno piacevolmente sorpreso tutti. Decine di migliaia di giovani musulmani e cristiani chiedono lavoro, elezioni chiare e libere, democrazia… Queste iniziative e questi eventi indicano che l’islam afferma la sua legittima voce per la pace e la giustizia. Questo momento ha bisogno di essere sostenuto. È il compito principale per i pensatori musulmani nei tempi futuri”.

Anche l’India ha risentito dei fatti dell’11 settembre. P. Edwin, che dirige la rivista di studi islamici Salaam, spiega: “La nostra è una cultura eterogenea, che trae nutrimento dagli insegnamenti di sufi e sadhu, letteratura, pittura, arti, architettura, religioni e lingue. Un sapere unico sviluppato nei secoli, che raccoglie persone diverse come una sola famiglia”. Tuttavia, “questa integrazione – prosegue – è minata dalle azioni violente di gruppo nazionalisti indù come il Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh), che vogliono indebolire l’eterogeneità della nostra cultura. I ripetuti attacchi contro dalit, cristiani e musulmani stanno distruggendo i legami che sono cresciuti nel corso dei secoli. E dall’11 settembre 2001, i musulmani sono ancora più sotto pressione”.

“In India – afferma p. Edwin – uno dei maggiori nemici della comunità islamica è l’analfabetismo. I musulmani hanno bisogno di modernizzare le loro scuole religiose (madrasse), i programmi di studio devono guardare avanti. In questo contesto, la Chiesa e la comunità cristiana devono impegnarsi ad abbattere i pregiudizi, per raggiungere i musulmani”.