Patriarca maronita: pluralismo libanese, via di pace per le rivolte in Medio oriente
di Fady Noun
In visita ufficiale in Francia, Béchara Raï commenta gli sviluppi della primavera araba che “preoccupa e imbarazza” le comunità cristiane d’Oriente. Timori di una deriva islamica si alternano alla speranza, per un futuro all’insegna della laicità dello Stato e piena libertà religiosa. Il modello “specifico” di convivenza offerto dal Libano.
Beirut (AsiaNews) – Imbarazzo e preoccupazione. Questi due diversi stati d’animo riassumono in parte le reazioni di tutte le comunità cristiane d’Oriente, a fronte dei rovesciamenti geopolitici che hanno investito il mondo arabo. Le prese di posizione nei confronti dei moti riflettono questo imbarazzo. In generale, le Chiese del Medio oriente sono state colte di sorpresa da questi sviluppi e hanno espresso tutte le loro riserve al riguardo, in particolare per Siria ed Egitto, nazioni in cui vi è una presenza cristiana significativa.

La prima reazione del patriarca cattolico copto Antonios Néguib è parsa all’insegna della sfiducia. In Egitto, l’eventuale ascesa al potere dei Fratelli musulmani è uno dei fattori che generano diffidenza. Difatti le comunità cristiane temono che a una dittatura, se ne sostituisca un’altra. In alcuni discorsi ben ponderati, il patriarca maronita Béchara Raï – in questi giorni in visita ufficiale in Francia – ha mostrato nella sostanza il pensiero delle Chiese locali su di un tema delicato e scottante.

Durante gli incontri all’Eliseo e a Matignon, al Senato e al Quai d’Orsay, il capo della Chiesa maronita (che ha rispettato appieno la tradizione secondo cui, il nuovo patriarca, si reca in Francia per la prima visita ufficiale all’estero) ha ricordato “i timori causati dagli avvenimenti geopolitici, in corso in alcuni Paesi del Medio oriente”. In particolare per ciò che concerne la Siria, con la quale il Libano mantiene rapporti molto stretti, e dove la Chiesa maronita annovera tre diocesi, il patriarca ha espresso le proprie preoccupazioni nel vedere gli avvenimenti sfociare in una guerra civile o “una deriva verso l’estremismo”. Pur riconoscendo la legittimità dell’aspirazione al cambiamento, il capo della Chiesa maronita ha affermato che non bisogna per questo ignorare le ingerenze esterne, che rendono possibili queste rivolte.

Su un piano generale, il patriarca Raï ha dichiarato di essere contrario a una frantumazione del Medio oriente su basi religiose e confessionali. “Da qualche mese – ha sottolineato in una dichiarazione pubblica – la geografia politica del Medio oriente ha cominciato a subire delle trasformazioni che hanno provocato in noi imbarazzo e inquietudine”. Egli ha proseguito ricordando che “noi ben sappiamo che delle forze profonde, interne e legittime, manipolano queste società che aspirano a un cambiamento, senza per questo dimenticare anche le ingerenze straniere. Per dirimere questo dubbio e chiarire la nostra posizione tra ciò che accettiamo e quanto respingiamo, noi proponiamo alcuni elementi”.

Il patriarca ha ricordato che “per quanto riguarda noi libanesi, e in rapporto ai cristiani d’Oriente, tutte le direttive volte a dividere il Medio oriente in Stati confessionali sono una tendenza che noi respingiamo. Perché noi crediamo che il pluralismo, nel quale le minoranze si mescolano in armonia le une alle altre, è il migliore dei sistemi per garantire la dignità e la libertà, insieme alla nostra presenza e alla nostra prosperità nel Medio oriente […] Per questo noi proponiamo, a fronte delle derive confessionali di qualunque natura esse siano, il modello di una nazione civile che possa assicurare la divisione tra Stato e religioni, che si basi sui diritti fondamentali della persona umana e riconosca la libertà di culto e garantisca una vita degna e sicura a tutte le minoranze”.

La specificità del Libano

Di contro, il patriarca ha ribadito la propria contrarietà al trasferimento dei palestinesi in Libano, sottolineando la necessità che questi ultimi “mantengano il loro status di rifugiati” e restino sotto la supervisione UNHRC (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ndr). “Chiediamo alla Francia di preservare la specificità del Libano” ha affermato Béchara Raï, prima di aggiungere che “l’essere francofoni” è “un aspetto molto importante per il nostro Paese” e la “pietra miliare di una cooperazione profonda” tra il Libano e la Francia. E di rivendicare “il consolidamento della Francofonia (in Libano) mediante strumenti più efficaci”.

Ricevuto al Senato dal presidente Gérard Larcher, il patriarca ne ha approfittato per lanciare un appello ai libanesi, in merito agli sconvolgimenti in atto nella regione, invitandoli a “rafforzare il dialogo all’insegna di una vera riconciliazione nazionale” e di “appropriarsi maggiormente del loro Patto nazionale”. In un messaggio che vale soprattutto per il movimento Hezbollah, egli ha ricordato che “nessuna componente libanese, nelle circostanze attuali, può sobbarcarsi da sola la guida del Libano”. E le divisioni interne, ha aggiunto il patriarca, rendono illegittima la pretesa – di una sola comunità – di “parlare a nome di tutto il Libano”.

In un altro passaggio Béchara Raï ha fatto sorridere i presenti ricordando che tra la Francia e il Libano vi è una particolare “condivisione storica” e che “la cappella antistante il Piccolo Luxembourg (sede del Senato francese) è stato il primo luogo di culto dei Maroniti in Francia tra il 1893 e il 1899”.