La polizia libera 30 schiavi nelle fabbriche di mattoni dell’Henan
Sono disabili mentali gravi, rapiti e venduti per 300 yuan, da molti anni; costretti a turni di lavoro massacranti senza paga e pestati per ogni trasgressione. Ora la polizia cerca le famiglie, ma alcuni nemmeno sanno il nome e hanno difficoltà a parlare. Nella grande Cina rimane attuale la schiavitù, specie di disabili e bambini.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La polizia ha liberato 30 lavoratori disabili, usati come schiavi in fabbriche illegali di mattoni nell’Henan. La Cina non riesce a stroncare lo sfruttamento di minori e disabili in lavori duri, nonostante da anni abbia annunciato tolleranza zero e accurati controlli.

I lavoratori, liberati il 5 settembre, hanno gravi difficoltà nell’apprendimento e alcuni nemmeno riescono a pronunciare intere frasi. Erano costretti a lunghi turni di lavoro senza essere pagati, alcuni da oltre 7 anni, percossi con frequenza per ogni disobbedienza ed errore.

Sono stati arrestati almeno 8 dirigenti delle fabbriche e reclutatori: fonti statali riportano che tra i presunti aguzzini c’era un ragazzo di 14 anni.

Ora la polizia cerca di rintracciare le famiglie dei liberati, ma alcuni nemmeno sanno ricostruire la loro identità. Il quotidiano ufficiale China Daily riporta che le vittime sono state rapite da tutto il Paese e vendute alle fabbriche per “prezzi” tra 300 e 500 yuan (da 33 a 55 euro).

Nel Paese non sono rari i rapimenti di bambini e disabili mentali, portati lontano da casa e costretti a lavorare come schiavi. Nel 2007 la Cina fu sgomenta dalla scoperta di migliaia di lavoratori trattati come schiavi in fabbriche di mattoni di Henan e Shanxi, sottoposti a continue percosse e privazioni di cibo, anche con la complicità della polizia e dei dirigenti locali del Partito comunista. Non fu indicato il numero totale delle vittime, ma un’indagine parlamentare ha parlato di circa 53mila operai nel solo Shanxi sfruttati in oltre duemila fabbriche di mattoni.

Da allora il governo ha promesso tolleranza zero, ma continuano a emergere nuovi casi, segno della diffusione del fenomeno e dell’insufficienza dei controlli. Nel dicembre 2010 fu chiusa una fabbrica di mattoni dello Xinjiang dove per anni 11 lavoratori con gravi problemi mentali erano stati fatti lavorare in condizioni inaccettabili.

Sempre a dicembre è stato arrestato Zeng Lingquan, membro della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, accusato, insieme alla moglie Li Shuqiong, di avere venduto almeno 130 disabili mentali a miniere di carbone, fabbriche chimiche e cantieri edili in tutto il Paese, ricavando oltre 3 milioni di yuan.