Wen Jiabao raffredda le speranze sui debiti dell’Europa
Al World Economic Forum di Dalian, il premier cinese si dice pronto ad aiutare i Paesi europei, ma chiede il riconoscimento di “economia di mercato” al Wto. E domanda a Europa e Stati Uniti di “metter a posto” i conti a casa loro.
Dalian (AsiaNews/Agenzie) – Il premier cinese Wen Jiabao ha detto che è pronto “a dare una mano” alle nazioni europee indebitate, ma ha anche sottolineato che le nazioni sviluppate devono da sé mettere a posto i conti, tagliando deficit e creando posti di lavoro. Egli ha anche chiesto che l’Europa e gli Usa – che tanto sperano nell’aiuto della Cina – di riconoscere il suo status di “economia di pieno mercato”.

Parlando stamane al World Economic Forum di Dalian, Wen ha raffreddato le speranze diffuse ieri dai media secondo cui la Cina è decisa a intervenire per sostenere il debito pubblico delle nazioni europee e dell’Italia. Con fare cortese, egli ha detto di aver affermato “innumerevoli volte” ad essere pronto ad investire in Europa, ma ha anche detto che “le nazioni devono anzitutto mettere in ordine la loro casa”. E chiedendo un atteggiamento “da amico” all’Europa, egli ha chiesto che la Ue riconosca la Cina come “economi di pieno mercato”.

Riconoscere tale status presso il Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio), aiuterebbe Pechino a difendersi da accuse di “dumping”, vendendo prodotti sottocosto. Nel dicembre 2001, la Cina ha accettato di entrare nel Wto con lo status di “nazione non ad economia di mercato”, sottomessa per 15 anni a inchieste anti-dumping. Wen Jiabao ha chiesto perciò che il riconoscimento di Pechino come “economia di mercato” sia anticipato. Da parte sua egli ha garantito che il suo Paese avrà un’economia stabile e in crescita.

Alcuni giorni fa il Financial Times ha riportato che l’Italia avrebbe chiesto alla Cina di comprare “quantità sostanziali” del suo debito. Ma il ministero italiano del Tesoro ha dichiarato che i dialoghi fra Roma e Pechino – tenuti nelle scorse settimane - erano focalizzati ad investimenti industriali e non all’acquisto di buoni del Tesoro.