Una nuova legge per impedire a Pechino di “uccidere il lavoro Usa”
Il Senato manda in discussione un decreto che dà alle imprese e ai sindacati il potere di denunciare chi, come la Cina, manipola in maniera illegale la propria valuta. Un segnale dopo quello, negativo, relativo alla vendita di armi a Taiwan.
Washington (AsiaNews/Agenzie) - La Cina “smetterà di uccidere il lavoro americano” con la svalutazione forzata dello yuan e “cambierà il proprio atteggiamento”, una volta che gli Stati Uniti “avranno dimostrato quanto sia inutile sfidarli”. Lo hanno dichiarato ieri diversi senatori di Washington, in occasione della presentazione di un pacchetto di leggi che mira a punire Pechino per la manipolazione valutaria. Tuttavia, sulla vendita delle armi a Taiwan l’atteggiamento americano resta lo stesso: nessuna nuova fornitura.

Il democratico Chuck Schumer, che ha presentato il pacchetto, ha dichiarato che il presidente Obama “si è opposto a queste misure” ma ha predetto che “Pechino cambierà il proprio atteggiamento nei confronti del mercato valutario, una volta che questo decreto diverrà legge”. Il voto finale sul testo è previsto a ottobre ma, dato l‘appoggio già espresso da molti repubblicani, è considerato già approvato.

Il decreto consente alle imprese statunitensi e, in alcuni casi, persino ai sindacati di chiedere al Dipartimento per il commercio degli Usa di aprire delle indagini in caso di presunte manipolazioni valutarie. In questo modo il legislatore spera di estendere in maniera capillare la rete di controllo sulla valuta. Inoltre, il Paese condannato come manipolatore viene punito con l’applicazione di dazi e misure economiche che rendono impossibile l’esportazione negli Stati Uniti.

In questo modo Washington spera di ammortizzare i danni provocati all’economia da uno yuan sottostimato in modo artificiale: disoccupazione e aumento dei prodotti made in China. Inoltre, si vuole mandare un messaggio al gigante asiatico dopo che, due giorni fa, è stata bloccata la vendita di nuove armi a Taiwan. La decisione di “aggiornare” l’arsenale dell’isola, infatti, fa pensare che gli Stati Uniti non intendano più sostenere Taipei contro le mire espansionistiche di Pechino.