Massiccia campagna di opinione contro gli arresti domiciliari di Chen Guangcheng, l’attivista cieco
di Wang Zhicheng
Milioni di persone firmano petizioni, diffondono foto su internet, visitano il villaggio di Chen rischiando pestaggi e minacce della polizia. Chen, sua moglie e la loro figlia di sei anni sono isolati per aver denunciato gli aborti e le sterilizzazioni forzate ad opera delle autorità locali dello Shandong.
Pechino (AsiaNews) – Gruppi di attivisti cinesi hanno lanciato una campagna per criticare gli arresti domiciliari a cui è sottoposto l’attivista cieco Chen Guangcheng e la sua famiglia. In pochi mesi la campagna ha raggiunto decine di migliaia di persone, non solo fra coloro che sono più impegnati nei diritti umani, ma anche fra la gente comune: si tratta di un impegno senza precedenti che farà scuola. La campagna si intitola “Ci sia luce (guang); ci sia onestà (cheng)”, giocando sui caratteri del suo nome (Guangcheng).

Chen Guangcheng, 40 anni, cieco fin da piccolo, nell’agosto 2006 ha subito una condanna a quattro anni e tre mesi per “disturbo del traffico e per raduno non consentito”. In realtà egli ha aiutato i contadini di Linyi (Shandong) a protestare contro il governo locale che praticava aborti e sterilizzazioni forzate. Chen, che ha studiato legge per conto suo, offriva consigli legali, compilando proteste e denunce alla magistratura.

Uscito di prigione nel settembre 2010, egli è stato costretto agli arresti domiciliari nel suo paese natale, il villaggio di Dongshigu (contea di Linyi, Shandong). Agli arresti domiciliari sono costretti anche la moglie Yuan Weijing e la loro figlia di sei anni.

Nei mesi scorsi, per aver fatto arrivare un suo messaggio all’estero, Chen e sua moglie sono stati picchiati per ore dalle forze di sicurezza.

La casa di Chen, a Dongshigu è controllata giorno e notte da ben sei telecamere. Gruppi di teppisti (polizia in abiti borghesi) vigilano che nessuno dall’esterno possa visitare i prigionieri. Nelle scorse settimane giornalisti, attivisti, amici e persino parenti sono stati picchiati e allontanati.

Nonostante ciò, dal gennaio di quest’anno, gruppi di attivisti decidono di visitare il villaggio di Chen, tentando di arrivare fino alla casa, diffondendo poi su internet le violenze subite: auto sfasciate, pestaggi, minacce,…

In settembre un gruppo di attivisti di Pechino ha diffuso una maglietta che riporta la foto di Chen e lo slogan “Liberate Chen Guangcheng”. Aggirando la censura, il loro messaggio – e la loro foto, indossando la maglietta - si è diffuso su internet a milioni di internauti che vedono negli arresti domiciliari dell’attivista cieco l’ennesimo caso di ingiustizia e di disprezzo per i diritti umani in Cina.

Il 13 ottobre scorso a Shanghai, nella Piazza del popolo, un gruppo di persone ha raccolto firme a sostegno di Chen, lanciando lo slogan “Che ci sia luce, che ci sia onestà”. Subito su internet si è scatenata la campagna in cui ogni aderente si fa fotografare con dei pesanti occhiali scuri (simili a quelli che indossa Chen, a causa della sua cecità).

Fino ad ora il governo centrale sembra essere sordo sulla sorte di Chen, ma il 12 ottobre scorso è apparso un editoriale sul Global Times, un giornale legato al Quotidiano del popolo, in cui egli viene descritto come “un attivista locale a favore del popolo che ha subito un trattamento ingiusto sotto la politica del family planning”.

Il Chrd (China Human Rights Defenders) ha preparato un nutrito dossier su Chen e la campagna in suo sostegno (v. qui). In esso si domanda al governo di Pechino di liberare Chen e prendere provvedimenti contro le autorità locali di Linyi.

Il Chrd domanda anche alla comunità internazionale di non dimenticare l’attivista cieco; domanda all’Onu una verifica sui diritti umani in Cina, visitando Chen Guangcheng; chiede ai governi di bloccare i visti di ingresso a persone collegate con il suo arresto forzato . Chen Guangcheng è molto famoso nel mondo. Nel 2007 Chen ha vinto il premio filippino Magsaysay per i diritti umani (il Nobel dell’Asia), ma né lui, né sua moglie hanno mai ricevuto il permesso di andare a ritirarlo.