Parlare di pace malgrado gli estremisti palestinesi e israeliani

Secondo mons. Maroun Lahham, rettore del seminario di Gerusalemme, l'attentato al valico di Kami rientra nelle violenze che non cesseranno, finché non si capirà che "siamo tutti uguali in diritti e doveri". Solo una "pace giusta e duratura per due popoli e due nazioni indipendenti e libere" è la soluzione "conveniente per tutti", ebrei, cristiani e musulmani.


Gerusalemme (AsiaNews) – "Bisogna iniziare a parlare di pace subito e adesso, anche se estremisti da entrambe le parti continuano a firmare violenze come quella di ieri notte a Gaza". E' la riflessione che il rettore del seminario del patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Maroun Lahham, fa con AsiaNews il giorno dopo l'attacco kamikaze contro una postazione di militari israeliani al valico di Kami, principale punto di passaggio per le merci da Gaza a Israele, che ha ucciso 6 israeliani e 3 membri del commando palestinese. "Queste violenze – ribadisce mons. Lahham - non devono fermare il processo di pace i leader politici devono capire che ci sarà sempre gente fanatica, ma la maggior parte dei palestinesi e degli israeliani vuole una pace giusta".

A 4 giorni dalla proclamazione di Abu Mazen presidente della Palestina, l'attacco suicida a Gaza ha gettato ombre sull'ottimismo con cui la diplomazia internazionale valutava il futuro della crisi mediorientale dopo la successione a Yasser Arafat. Oggi le autorità israeliane hanno deciso di sigillare la striscia di Gaza a tempo illimitato. "L'attacco di questa notte – a suo giudizio - fa parte della nostra vita normale: un giorno entrano i palestinesi un giorno gli ebrei. Non bisogna valutarlo come fatto singolo, solo perché è il primo della presidenza Abu Mazen: rientra nella serie di violenze che purtroppo ho paura non cessino da entrambe le parti".

Durante tutta la campagna elettorale Abu Mazen ha chiesto uno stop alla violenza dei gruppi armati contro Israele, per poter riavviare trattative di pace con lo Stato ebraico. Secondo mons. Lahham la soluzione alla "spirale di violenze" potrebbe essere "dietro la porta", ma serve che entrambi i leader "mostrino buona volontà". "Non vedo ancora rispetto tra le due parti, bisogna arrivare a capire e accettare l'idea che siamo tutti uguali in diritti e doveri".

Solo una "pace giusta e duratura per due popoli e due nazioni indipendenti e libere" è, per il rettore, la soluzione "conveniente per tutti", ebrei, cristiani e musulmani. "Viviamo tutti in uno stato di insicurezza e di paura per il futuro – spiega - e tutti abbiamo bisogno di pace". La speranza per il futuro non fa dimenticare, però, "le numerose delusioni". "Abbiamo imparato a non fidarci troppo delle parole; servono esempi concreti di buone intenzioni per risolvere il conflitto nella nostra terra".

Malgrado l'attentato, l'elezione di Abu Mazen è comunque un "segnale positivo": "la Chiesa benedice questa consultazione, svoltasi in modo libero e democratico – ha concluso mons. Lahham - il neo presidente indica la maturità del popolo palestinese ed indica ad altri popoli che la democrazia  si può sempre costruire". (MA)