Natale in Orissa, anche per i detenuti indù
di Santosh Digal
Un sacerdote ha visitato i carcerati di Balliguda (Khandamal, epicentro delle violenze anticristiane). Un prigioniero indù, in lacrime, ha confessato: “Ero solo e disperato. Ora so e sento che Dio è con me e non mi abbandona”.
Bhubaneswar (AsiaNews) –“Il Natale non deve essere celebrato solo a dicembre, ma va vissuto in ogni momento della nostra vita. Perché ci rivela che il Bambino Gesù è venuto al mondo per restaurare la pace e l’unità”. Lo afferma p. Florence Ranasingh, dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar (Orissa), che nei giorni passati ha visitato i carcerati di Balliguda, nel distretto di Khandamal. Ai prigionieri ha parlato dell’importanza del Natale. Il distretto di Kandhamal è stato colpito dai pogrom anticristiani nel 2007 e nel 2008.

A un certo punto uno dei detenuti, indù, pallido in volto, ha iniziato a piangere. Si è presentato al sacerdote e ha letto una poesia sulla vita nel carcere, composta da lui. “Da quando sono in carcere – ha detto dopo averla recitata – nessuno è mai venuto a trovarmi. Negli ultimi mesi mi sentivo depresso, rifiutato, umiliato e senza speranza. Isolato da tutto e da tutti. Credevo che la mia famiglia mi avesse dimenticato; che la gente mi avesse rinnegato, e così anche Dio. Preso dalla disperazione, ho scritto questa poesia. Un mio compagno di cella mi ha donato una Bibbia, ho iniziato a leggerla. Adesso, so e sento che Dio è con me. Egli soffre insieme a me in questa prigione. E oggi, il Signore è venuto a farmi visita nella tua persona”.

Il sacerdote è rimasto senza parole: “Per me, questo è il vero senso del Natale. Ogni anno questa celebrazione ci ricorda che Dio è con noi e ci accetta per quello che siamo. Il Signore viene a farci visita e ci libera da tutti i nostri vincoli. Siamo prigionieri del nostro orgoglio, della gelosia, della rabbia, dell’odio, della vendetta, del consumismo, dell’arroganza, dei peccati. Solo il Signore Gesù può liberarci da questa schiavitù”.

P. Ranasingh aggiunge: “La società attuale è vittima della violenza. Il distretto di Kandhamal ha perso la sua pace e la sua unità in seguito alle persecuzioni anticristiane nel 2007 e nel 2008. Dove c’è violenza non c’è pace; dove non c’è pace, non c’è unità. La violenza tra religioni, caste e classi sociali è dilagante”. Invece, conclude, “solo la riconciliazione e il perdono fanno posto alla pace, per spianare la strada all’unità”.