Natale di pace in un anno di persecuzioni
di Nirmala Carvalho
Nel 2011, 170 attacchi anticristiani per mano di estremisti indù. Omicidi, mutilazioni, chiese distrutte, Bibbie bruciate e tombe profanate gli incidenti più diffusi. Il presidente del Global Council of Indian Christians: “Il presepe rappresenta l’essenza del Natale, e tutte le case sono piccoli presepi. La santità della famiglia va difesa”.
Mumbai (AsiaNews) – “Il Global Council of Indian Christians (Gcic) prega che la nascita di Cristo possa portare la pace in Karnataka, Orissa, Madhya Pradesh e tutti quei luoghi dell’India dove i cristiani sono perseguitati per la loro fede”. L’augurio di Sajan K George, presidente del Gcic, arriva insieme ad alcune dichiarazioni dei fondamentalisti indù del Kandhamal (Orissa), intenzionati a una serrata del distretto da oggi fino al 27 dicembre, per ostacolare le celebrazioni del Natale ai cristiani locali.

In termini di libertà religiosa, il bilancio di quest’ultimo anno è drammatico: solo nel 2011 infatti, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi per mano di nazionalisti indù. Il Karnataka è il Paese in cui si registra il numero più alto, con 45 incidenti. Seguono l’Orissa, 25 casi; Madhya Pradesh, 15; Kerala, 10; Tamil Nadu, Chhattisgarh, Uttar Pradesh, Andhra Pradesh e Maharastra con 6 ciascuno. A questi si aggiungono episodi isolati e aggressioni non registrate.

Secondo dati raccolti dal Gcic, gli attacchi sono sistematici e di ogni tipo: omicidi, mutilazioni, ferite agli occhi e alle orecchie, spesso con danni permanenti; chiese, Bibbie, crocifissi e altri manufatti religiosi distrutti, dissacrati o bruciati; automobili, moto e biciclette distrutte; espropri forzati di case e terreni; tombe profanate.

“Le aggressioni – specifica Sajan George – sono tutte su base religiosa e non rispettano nemmeno il precetti filosofici della Bhagavad Gitā (testo sacro dell’induismo, ndr), che insegna a tutti gli indiani l’amore e il rispetto per i credenti di ogni religione”.

Il presidente del Gcic sottolinea poi “il potente messaggio sociale del Natale, così come è raffigurato nel presepe”. Secondo Sajan George, la mangiatoia in cui è nato Gesù rappresenta le case di tutte le persone, che “rischiano di essere distrutte o vandalizzate dalle forze ultranazionaliste indù, che godono della protezione di politici e polizia”.

“Il presepe – prosegue – evoca immagini potenti: ci insegna che classe sociale ed educazione sono discriminazioni insignificanti e che tutti gli uomini sono fratelli. La famiglia, caposaldo della società, si sta sgretolando, e la tenerezza rappresentata dal presepe è l’ideale a cui le famiglie cristiane devono aspirare: una madre e un padre in preghiera, che guardano il loro figlio, facendo tesoro della sua innocenza. Giuseppe, che s’impegna a proteggerlo; la Madonna, che lo adora. Invece in Karnataka, i radicali indù irrompono nell’intimità delle case cristiane; distruggono quello che trovano; aggrediscono i fedeli e picchiano persino le donne. Queste forze indù non stanno distruggendo solo la santità della casa, ma la fibra morale della società stessa”.