A un anno dal massacro dei cristiani ad Alessandria, l’Egitto cerca la sua via
di André Azzam
Le persecuzioni contro i cristiani si mescolano alle violenze contro la rivoluzione araba. In un anno vi sono stati 1000 morti; migliaia di feriti; 1200 hanno perso uno o due occhi, perché la polizia spara ad altezza d’uomo. Il governo provvisorio non ha mantenuto molte promesse di uguaglianza fra cristiani e musulmani, ma qua e là crescono alleanze, rispetto e amicizia comune. Questa sera festa in piazza Tahrir con canzoni cristiane copte e di musulmani sufi.
Il Cairo (AsiaNews) – Un anno è passato dal terribile massacro nella chiesa dei due Santi ad Alessandria, la scorsa vigilia di Capodanno, che ha fatto 20 morti e un centinaio di feriti. Fino ad ora non è emersa nessuna chiarezza su chi ha compiuto quest’orribile crimine. Solo voci affermano che ad ordinare l’attacco è stato il ministero degli Affari interni, ma finora non è stato reso pubblico alcun risultato di inchiesta. Ieri, l’ultimo venerdì dell’anno, la Chiesa protestante ha organizzato una dimostrazione pacifica in piazza Tahrir per celebrare l’anniversario, domandando alla gente di portare solo dei ceri e nessun altro simbolo religioso. Per celebrare Natale e il Capodanno, è emersa anche un’altra grande dimostrazione, guidata da Shaykh Mazhar Shaheen, che dalla moschea di Omar Makram, a Midan al Tahrir, è giunta fino alla Chiesa evangelica di Qasr al Doubara, una strada dopo Midan al Tahrir.

Dopo tre settimane dal massacro, il 25 gennaio è scoppiata la rivoluzione e da allora sono avvenuti molti fatti che hanno pesato sulla popolazione, ma soprattutto sui cristiani. Le date della rivoluzione si intrecciano con gli avvenimenti e persecuzione dei cristiani.

Va ricordato che il massacro di Alessandria è avvenuto a quasi un anno dal violento attacco a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, la notte del Natale copto, il 7 gennaio 2010, che ha fatto sette morti e molti feriti. Meno di due mesi dopo, in alcuni scontri legati alla costruzione di una chiesa nella periferia di Giza, vicino al Cairo, ha fatto due morti e molti feriti.

La lunga lista di violenze

Nel marzo 2011 a Sol, vicino ad Helwan, a sud del Cairo, è stata bruciata la Chiesa dei due Martiri, e sono morte due persone. Il motivo della violenza era che si voleva proibire l’amore fra un giovane cristiano e una ragazza musulmana. I due padri sono morti in uno scontro e la popolazione musulmana ha deciso di bruciare la chiesa. Il Consiglio supremo delle Forze armate (Scaf) ha deciso di ricostruire la chiesa che un mese dopo era già pronta per le celebrazioni della Pasqua.
In marzo si è dato il via anche all’orrendo test di verginità imposto alle donne arrestate dalle autorità.

Il 7 marzo, un sabato, a Imbaba (sud del Cairo), un gruppo di fondamentalisti ha assaltato due chiese, bruciando i due edifici e uccidendo una dozzina di cristiani. Questo quartiere è famoso ed è definito “la Repubblica islamica di Imbaba”.

Nel giugno 2011, dopo molti anni di attesa, è stato proposto un progetto di legge per rendere uguali le procedure dei permessi alle costruzioni di moschee e chiese. Ma finora non è stato varato, né applicato.

Il 29 giugno in un vasto scontro fra polizia e dimostranti, sono morte almeno 1000 persone. E ancora, il 23 luglio, in un altro scontro, sono state ferite 200 persone.

Il 30 settembre è avvenuto l’attacco alla chiesa di Marinab, nel governatorato di Asswan. Alcuni fondamentalisti musulmani avevano deciso di distruggere la chiesa del villaggio accusando i cristiani di avere una nuova costruzione; poi hanno preteso che si togliesse la croce, poi la cupola, e infine l’hanno bruciata insieme a diverse proprietà dei cristiani. La popolazione non ha ricevuto alcuna difesa dalle autorità civili. Al contrario, il governatore di Asswan ha benedetto le violenze.

Il 9 ottobre domenica, i cristiani hanno organizzato una manifestazione al Cairo per difendere i loro diritti e per chiedere giustizia per la chiesa di Marinab. Molti musulmani hanno protestato affianco ai loro amici cristiani. Ma l’esercito ha attaccato i dimostranti, e si è prodotta una vera e propria carneficina, il cosiddetto “massacro di Maspero”, in cui sono morte 25 persone e 350 sono state ferite. Molte delle vittime sono state sfracellate sotto le ruote dei carri blindati. La televisione di Stato, la cui sede è nell’avenue Maspero, ha lanciato un appello spingendo quasi alla guerra civile, chiedendo alla popolazione di venire a proteggere le forze armate “selvaggiamente attaccate dai dimostranti cristiani”. La televisione aveva annunciato che tre soldati erano morti, ma in realtà, si è scoperto in seguito che essi erano stati solo feriti in modo blando.

Il 10 ottobre è stata eseguita la sentenza di condanna a morte per i colpevoli dell’attacco di Nag Hamadi (7 gennaio 2010).

In seguito, il 19 novembre sono avvenuti i fatti di Mohammad Mahmoud Street (v. 21/11/2011 Egitto, sale il bilancio degli scontri in piazza Tahrir: 30 morti e mille feriti) e a metà dicembre gli scontri attorno al parlamento e al Consiglio dei ministeri, con il loro pesante bagaglio di morti e feriti (v. 17/12/2011 Egitto: continuano gli scontri fra esercito e manifestanti davanti alla sede del parlamento).

In un anno sono morte più di 1000 persone e diverse migliaia sono state ferite; circa 1200 persone hanno perso uno o i due occhi [perché la polizia sparava proiettili di gomma ad altezza d’uomo – ndr]; circa 12mila dimostranti sono stati arrestati e giudicati da un tribunale militare. Molte personalità politiche e famosi giornalisti sono stati maltrattati o minacciati.

Natale con gioia e tristezza

Si dice che dal marzo scorso, almeno 100mila cristiani egiziani hanno lasciato il Paese per emigrare in diversi luoghi. Molti fra i cristiani – e soprattutto i più poveri – vorrebbero domandare asilo agli Usa, Canada o Australia per motivi di persecuzione religiosa.

Di recente molti vescovi hanno rivelato di aver ricevuto lettere di minacce perché non celebrino il il Nuovo anno e il Natale. Due giorni fa, Papa Shenouda III, il capo della Chiesa copta ortodossa ha sfidato le minacce dicendo che “noi non temiamo alcuna minaccia e celebreremo le nostre feste”. Ma tutti sanno che le celebrazioni verranno eseguite solo in chiesa e molto prima della tradizionale mezzanotte. La Chiesa cattolica, che festeggia il Natale il 25 dicembre, al Cairo, Alessandria e nel Basso Egitto, ha celebrato le messe dalle 7 del mattino fino alle 9 di sera. Tuttee le chiese erano circondate dalla polizia ed avverrà così anche per il Natale ortodosso il 7 gennaio.

P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica, ha dichiarato ieri che “Natale quest’anno viene celebrato con una ‘gioia triste’ a causa della situazione generale: vi è tristezza perché l’anno trascorso è stato duro non solo per i cristiani, ma anche per i musulmani. Dal massacro della chiesa dei sue Santi ad Alessandria, fino alla battaglia al Consiglio dei ministeri, con in cima gli eventi di Maspero e l’aspra situazione economica, tutto ha contribuito a far soffrire gli egiziani in modo pesante”.

“D’altra parte – ha aggiunto – dobbiamo mantenere un po’ di gioia perché ogni egiziano è pieno di speranza che difficoltà e ostacoli potranno essere risolti a poco a poco, costruendo un nuovo Stato democratico in questa terra dove Gesù e la Sacra Famiglia hanno trovato un riparo, dove dignità, giustizia e uguaglianza per tutti potranno prevalere”.

Una rivoluzione non vinta

Su questo punto, molti esperti di politica sono persuasi che le elezioni parlamentari hanno attratto la maggioranza della popolazione che per la prima volta si è sentita partecipe in questo suo diritto-dovere politico. Ma molti di essi sono pure critici, perché – affermano – le elezioni sono state “religiose” e non democratiche, dato che nessuno ha vietato ai partiti di usare slogan religiosi, anche se l’uso era proibito….

Durante le elezioni girava una battuta che diceva: “Elettori ed elettrici, qualunque sia la vostra religione, votate per il partito islamico salafista al-Noor. Se siete musulmani, andrete in paradiso. Se siete cristiani andrete [fuggirete] in Canada!”

Ma emergono anche reazioni positive, che inneggiano alla giustizia anche per i cristiani. Ad esempio, si torna a citare un famoso slogan della rivoluzione del 1919, composto dal leader Saad Zaghloul, fondatore del partito Wafd che dice: “La regione è per Dio, e la Patria è per tutti”.
Il simbolo della croce e della mezzaluna intrecciati è sempre più diffuso. Vi è poi il progetto di legge adottato dallo Scaf lo scorso ottobre, che condanna la discriminazione in particolare contro i cristiani e contro le donne. Bisogna ancora vedere se la legge sarà applicata, ma d’altra parte, molta gente ormai reagisce alle parole dei predicatori musulmani al venerdì, accusandoli di fare aperti attacchi contro i cristiani. Un grande esempio di reazione viene da Nawwara Negm, figlia di Ahmad Fouad Negm, famoso anarchico e poeta. Nawwara è una delle attiviste più vivaci fin dall’inizio della rivoluzione di gennaio.

Una giovane scolara cristiana, Myriam Armanios, di 11-12 anni, due giorni fa ha scritto su face book: “Come voi, io ho il diritto di celebrare le mie feste”. Più di 3mila scolari hanno apprezzato il suo commento, come pure la Federazione della gioventù di Maspero. Un gruppo di studenti ha organizzato una manifestazione davanti al ministero dell’educazione per protestare contro le date scelte per gli esami di metà anno, il 1° e l’8 di gennaio, proprio nel periodo delle feste copte. Il ministero dell’educazione ha subito provveduto a posporre le date di qualche giorno.

Resta il fatto che dopo la rivoluzione “araba”, dei “gelsomini”, del “loto”, il govenro non ha ancora mantenuto alcuna delle promesse fatte: come fisssare il minimo salariale a 750 sterline egiziane (un po’ meno di 100 euro al mese); offrire una pensione ai “martiri” della rivoluzione e a quelli di Maspero; offrire cure mediche gratis per tutti i feriti della rivoluzione e di Maspero; fermare i processi di civili davanti ai tribunali militari; adeguare ai prezzi mondiali le vendite di gas a Spagna, Turchia, Israele, Giordania; varare inchieste imparziali sugli eventi di Maspero, di Mohammad Mahmoud street e del Consiglio dei ministeri; attuare riforme economiche. Fino ad ora nessuna di esse è stata attuata, provocando un diffuso stato di disillusione.

Un altro timore è l’avvicinarsi dell’anniversario della rivoluzione il 25 gennaio prossimo: lo Scaf è pronto a permettere manifestazioni? Il governo provvisorio e i media statali la finiranno di accusare i dimostrati di essere agitatori manipolati dall’estero? Negli ultimi due giorni 20 Ong impegnate nei diritti umani hanno subito raid, perquisizioni a mano armata, sequestro dei computer e accusati di essere finanziati dall’estero in modo illegale.

Davanti a questo modo vecchio di contenere l’emergenza, diversi osservatori affermano che il vecchio regime con le sue stranezze è ancora attivo. Un professore di scienze politiche, Ezzeddine Shukry, definisce così la situazione: “ Un regime non ancora annientato, di fronte a una rivoluzione non ancora spezzata”.

Dal lato positivo va ricordato anche il rilascio del blogger Alaa Abd al Fattah, arrestato in novembre e accusato di crimini durante i fatti di Maspero. Egli è nel suo appartamento in libertà vigilata e in attesa di processo. Un altro fatto positivo è la cancellazione del test di verginità imposto sulle donne arrestate dalle forze armate.

Il prof. Shukry esprime un sentimento generale quando dice: “Per il momento la situazione è confusa, ma dobbiamo mantenere la speranza per il futuro perché il movimento rivoluzionario non è stato superato. Esso è ancora attivo e non sarà mai sconfitto”. Per lui i molti martiri sono la ricchezza del movimento e cita come simbolo di speranza il dentista Ahmad Sharara, che ha perso un occhio il 28 di gennaio e il secondo occhio il 19 di novembre. Sharara dice: “È meglio vivere cieco, con onore e dignità, piuttosto che vivere con tutti e due gli occhi, ma umiliato e coi paraocchi”.

Ieri, i manifestanti di piazza Tahrir si sono rifiutati di condividere una dimostrazione guidata dall’esercito e da personaggi ufficiali, rifiutandosi di stringere le mani a persone che in passato aveva esaltato il deposto presidente [Mubarak].

Allo stesso tempo, politici e giovani sono pronti a manifestare questa sera dalle 8 alle 2 di notte in piazza Tahrir per festeggiare il Nuovo anno. L’invito è venuto dalla giornalista Gamila Ismaïl, che ha organizzato una celebrazione cristiana del Nuovo anno a lume di candela, con canti copti e di sufi musulmani, eseguiti da due famosi cantanti: il grande Ali al Haggar e la stupenda Azza Balbaa.