Lo sviluppo economico distrugge anche la storia cinese
Secondo i dati del primo censimento dei beni culturali cinesi, oltre 44mila fra siti di interesse storico, templi e reperti sono andati distrutti nel corso del tempo in nome dello sviluppo. Di quanto rimane in piedi, il 25% non viene conservato nella maniera giusta.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – In nome del progresso economico e dello sfruttamento dei terreni, il governo cinese ha perso dall’avvento di Mao Zedong almeno 44mila fra rovine, templi e siti culturali. È quanto emerge dal primo censimento statale dei beni culturali compiuto in Cina negli ultimi 20 anni: secondo i dati, almeno il 25% dei siti ancora in piedi è comunque in pessime condizioni.

L’Amministrazione statale per i beni culturali, che ha condotto il censimento, ha analizzato circa 700mila siti di interesse storico e artistico. Secondo Liu Xiaohe, vice direttore del sondaggio, la crescita e lo sviluppo economico sono fra i principali motivi per questi danneggiamenti dei beni culturali.

Nello Shaanxi – la provincia più colpita da questo fenomeno, dove sono stati scoperti i famosi guerrieri di terracotta e la tomba del primo imperatore della Cina unita – oltre 3500 siti culturali sono svaniti nel nulla. Tuttavia, il censimento non nomina alcuna costruzione o monumento specifico.

Persino la Grande muraglia cinese – una delle meraviglie del mondo – è minacciata non soltanto dall’erosione naturale della pietra, ma anche dallo sviluppo selvaggio aiutato dalla mancanza di leggi specifiche per la conservazione delle reliquie storiche. Due anni fa, un pezzo della muraglia di epoca Qin è stata danneggiata da alcuni minatori che cercavano oro all’interno.

Un altro colpo molto duro al patrimonio artistico e culturale del Paese si è verificato negli anni della Rivoluzione culturale (1967-1977) quando, in nome del ritorno dei valori maoisti, centinaia di chiese, moschee, templi buddisti sono stati distrutti o rovinati.