Hangzhou, a processo Zhu Yufu per un poema sulla libertà
Il dissidente, coinvolto nel Muro della Democrazia del 1979, ha già passato 9 anni in galera per due accuse diverse. Il governo nega la repressione dei diritti umani, ma continua a rastrellare dissidenti e attivisti e mantiene in galera vescovi e sacerdoti non ufficiali.
Pechino (AsiaNews) - Continua senza sosta la campagna di repressione dei diritti umani da parte del governo cinese. Le autorità hanno infatti accusato in maniera formale di “sovversione” uno dei dissidenti più stimati del Paese, Zhu Yufu. Zhu è ritenuto colpevole di aver scritto una poesia che incita il popolo alla ribellione contro il regime comunista. La conferma delle accuse viene dal suo avvocato, Li Dunyong, secondo cui la prima udienza si è svolta lo scorso 16 gennaio a Hangzhou.

La detenzione del dissidente dura però dall’aprile del 2011, quando gli agenti di pubblica sicurezza lo hanno arrestato nel corso di una campagna mirata a reprimere sul nascere ogni forma di sostegno alla Primavera araba da parte dei democratici cinesi. Zhu, che ha collaborato al Muro della Democrazia di Wei Jingsheng nel 1979, è stato in galera già due volte: la prima nel 1999, condannato a 7 anni, e la seconda nel 2007 per altri due anni.

La poesia incriminata si intitola “È arrivato il momento”. In uno dei versi si legge: “Popolo cinese, è arrivato il momento. La piazza appartiene a tutti e i piedi sono vostri, è il momento di usarli e di scendere in piazza per prendere una decisione”. Secondo il suo legale, Zhu non è coinvolto nella campagna in corso su internet per portare anche in Cina le rivolte di piazza che hanno caratterizzato i Paesi arabi. Tuttavia, per timore di un’ondata di proteste, il governo ha rastrellato i dissidenti democratici e, in vista del Congresso del Partito di marzo, continua a reprimere ogni voce libera.

L’ossessione del governo per la stabilità sociale – e le diverse violazioni ai diritti umani che ne conseguono – hanno attirato sulla Cina le critiche di una parte della comunità internazionale. L’ambasciatore americano a Pechino, Gary Locke, ha dichiarato che la situazione sta peggiorando. In risposta, il portavoce del ministero degli Esteri Liu Weimin ha dichiarato: “Diamo molta importanza alla protezione dei diritti fondamentali della popolazione, fra cui la libertà di espressione e di religione”.

Oltre alle decine di dissidenti democratici che entrano ed escono ogni mese da prigioni e tribunali, però, il governo cinese continua a tenere in galere segrete tre vescovi cattolici e sei sacerdoti che non si sono piegati all’obbligo di iscrizione all’Associazione patriottica. AsiaNews ha lanciato un appello per la loro liberazione [v. http://www.asianews.it/notizie-it/Appello:-Vescovi-e-sacerdoti-scomparsi-o-detenuti-in-prigione,-a-casa-per-il-Capodanno-cinese-23704.html].