Sri Lanka, donne dei campi profughi vittime di abusi
di Danielle Vella
Il fenomeno non è su vasta scala, ma è la conseguenza del poco controllo nei campi. Sono da ricostruire anche i principi di convivenza civile.

Colombo (AsiaNews) – "Le donne dello Sri Lanka che vivono nei campi profughi sono le più vulnerabili: esse hanno perso il marito e molti altri parenti maschi, si sentono sole e abbandonate e rischiano lo sfruttamento da parte di qualche personaggio senza scrupoli". Lo afferma Jehan Perera, direttore del National Peace Council (NPC, un'organizzazione dello Sri Lanka che si batte per la pace e il rispetto dei diritti umani), denunciando il pericolo di "abusi sessuali o di molestie" per le donne indifese. Egli ha precisato che non si tratta di un problema su larga scala e che si manifesta in maniera "sottile", non "vistosa".

Del resto il Paese non è nuovo a casi di abusi sessuali sulle donne: in tutti i campi profughi del mondo, le donne sole rischiano di diventare le vittime preferite di sfruttamenti, abusi e discriminazioni. Quando molte persone vengono riunite in un'unica zona ad alta densità di popolazione, infatti, i tradizionali meccanismi che permettono il mantenimento dell'ordine e della sicurezza vengono spezzati.

La popolazione colpita dallo tsunami deve ripartire da zero ricostruendo anche le norme di convivenza civile: fra i sopravvissuti, in particolare nelle classi più deboli e povere, c'è il rischio di un vuoto di potere e di dipendenza passiva verso la volontà altrui.

Dopo aver visitato i campi profughi della zona di Tangalla, Jehan Perera sottolinea che "molta gente non vede un futuro davanti a sé. I profughi si sentono abbandonati e aspettano di vedere cosa capiterà, non fanno nulla per ricostruire una nuova vita e per far ripartire la vita del Paese".

L'attivista invita il governo ad avere un occhio di riguardo verso i sopravvissuti, perché essi "dovrebbero essere più volte ricompensati per le perdite subite". Al momento "non ricevono molti aiuti: viene garantito il cibo, ma non c'è una vera partecipazione e un sentimento comune di solidarietà".

Dai luoghi della tragedia non arrivano solo notizie negative: a Tagalla, Jehan Perera ha visitato una vecchia zia che ha perso il marito e la casa. Ella ha ricevuto un grande sostegno e gode dell'ospitalità di un amico che l'ha accolta nella sua locanda, in attesa di "ricostruire la casa con i soldi delle donazioni". Fra la gente si è diffuso un vero senso di solidarietà, sebbene le comunità della costa trovino maggiori difficoltà nel ricevere aiuti e consolazione. Ma non si è persa la speranza nemmeno per loro e c'è la volontà di superare anni di divisioni e di conflitti etnici, per ricostruire il Paese in un nuovo spirito di unità.

L'attivista del NPC cita un esempio su tutti: un gruppo di dottori cingalesi di Kandy (Sri Lanka occidentale) è andato nella zona orientale per assistere i sopravvissuti del gruppo Tamil (in lotta da anni per l'indipendenza), piuttosto che recarsi nel sud dove vivono i loro parenti e amici. Essi hanno voluto andare nello Sri Lanka orientale perché quella è la zona più colpita dal passaggio dell'onda anomala. L'NPC da anni lavora per promuovere i colloqui di pace e per il raggiungimento di un accordo fra il governo di Colombo e i ribelli Tamil, per porre fine ad un terribile conflitto che insanguina il Paese.