Pechino “non pensa ai suoi cittadini. Per salvare la Cina, serve un mercato interno”
di Wei Jingsheng
Il dragone dell’Asia è la seconda economia al mondo, ma soltanto l’8 % del suo Prodotto interno lordo viene usato per i bisogni e i consumi della popolazione. Il resto finisce in speculazione inutile e dannosa per l’economia nazionale: serve una svolta politica prima che sia tardi. L’analisi del grande dissidente.
Washington (AsiaNews) - L’attuale governo comunista “pensa soltanto a fare denaro, e non ha interessi o senso di responsabilità nei confronti della Cina”. Tuttavia, “basterebbe ridurre il costo del denaro e aprire un vero mercato interno per evitare il collasso sociale, politico ed economico”. E’ l’analisi del grande dissidente cinese Wei Jingsheng, che in questo articolo analizza la lezione del professor Lang (v. http://www.asianews.it/notizie-it/Docente-cinese:-“La-nostra-economia-è-sull’orlo-del-baratro.-Pechino-sta-barando”) per tracciare l’unica strada rimasta per la salvezza della Cina.

Qualche tempo fa, il professore di Economia Lang Xianping ha espresso alcuni commenti sull’attuale situazione economica della Cina. Tuttavia non ha voluto collegare le responsabilità della situazione al sistema politico, e quindi non è stato in grado di fornire una prescrizione realistica. Pur tuttavia, la situazione che ha descritto secondo i dati disponibili è nei fatti una vera fotografia della situazione dell’economia cinese. I dati potrebbero sembrare un’esagerazione; ma nei fatti non lo sono. Non soltanto i dati sono veri, ma molto tempo fa sono stati consegnati ad altri esperti, che sono familiari con la materia. La ragione per la quale i commenti del professor Lang hanno prodotto un effetto sensazionale è che questi ha avuto il coraggio di esprimere ad alta voce una conclusione che altri non hanno avuto il coraggio di esporre.

Una di queste conclusioni è che la struttura economica cinese è estremamente irrazionale e molto deforme. Durante un discorso a Shanghai, il docente ha sottolineato che il consumo interno totale della popolazione cinese è circa l’8 % del totale del Prodotto interno lordo; si tratta di un dato inferiore persino rispetto alle nazioni africane meno sviluppate, che sono intorno al 16 %. Durante un suo recente incontro nella Cina nord-orientale, ha sottolineato anche che il 70 % del Pil è impiegato per il comparto edile e per le industrie a questo collegate. Le parole che il professor Lang ha usato sono state “produrre un rinforzo concreto”. Ma questo lascia al popolo cinese di tutta la nazione soltanto il 30 %, per lo più usato in esportazioni in cambio di valuta straniera.

La maggior parte di questo 30 % finisce nelle tasche di dirigenti corrotti e di capitalisti, cinesi e stranieri. Quindi l’1,3 miliardi di cittadini cinesi possono consumare soltanto quel mero 8 % di Pil, una frazione vitale inferiore a quella delle economie del Terzo mondo in una nazione nota come la seconda economia mondiale. Le due strutture irrazionali, il minimo consumo pubblico e l’eccessiva costruzione interna, sono le cause alla base dello sviluppo insostenibile della Cina, così come la causa alla base della maggior parte dei conflitti sociali nel Paese. Ma non è soltanto l’economia cinese a essere insostenibile; lo è anche la sua politica.

Così non importa chi è al potere, se la dittatura del Partito comunista o un suo democratico rimpiazzo: quel governo deve cambiare la struttura economica rendendo sia la sua totalità che i suoi dettagli più ragionevole. In questo modo lo sviluppo della Cina e dello standard di vita della popolazione cinese potrebbero finire sul binario giusto, la società potrebbe trovare un’armonia relativa e la politica potrebbe essere relativamente stabile. Altrimenti, gli intensi conflitti sociali ed economici porteranno in maniera inevitabile al collasso del governo e agli scontri sociali.

Come si può cambiare questa situazione per renderla ragionevole. Esaminiamo come prima cosa i problemi. I due punti irrazionali sottolineati dal professor Lang - consumo minimo e costruzioni in eccesso - sono nei fatti due aspetti della stessa politica irrazionale. Da una parte i consumi della popolazione sono troppo bassi, e questo crea un piccolo mercato interno. Dall’altra il governo investe la maggior parte dei suoi soldi in progetti edilizi per ottenere alti profitti, mentre allo stesso tempo mantiene basso il tasso di scambio in modo da usare i prodotti da consumo, che potrebbero essere usati nel mercato interno, nel mercato internazionale. Una parte della valuta straniera che si ottiene in questo modo viene usata per beni stranieri allo scopo di aumentare il consumo, per la maggior parte nei ceti più abbienti, ma questa è una piccola parte della sezione. Questo tipo di profitto nel campo della strategia di sviluppo è simile a chi pesca prosciugando il corso d’acqua, una delle cause principali della deformità della struttura economia. Questa è quella strategia mercantilista a cui spesso si riferiscono i media e gli accademici internazionali.

In questo regime di strategia di profitto guidata da Deng Xiaoping, Jiang Zemin e Hu Jintao, la popolazione di Cina e Stati Uniti hanno ceduto i veri profitti al governo cinese e a quella classe di capitalisti - interni e internazionali - che hanno relazioni con il governo stesso. Il risultato, dopo che si sono uniti e hanno ottenuto enormi profitti, è che la popolazione della Cina e di altre nazioni (compresi gli Stati Uniti) si è impoverita; e questo ha creato il declino del mercato del consumo globale, che a sua volta ha condotto alla recessione economica. In questa recessione i più miserabili sono i cinesi.

Il livello di consumi della popolazione cinese è stato fissato al minimo per la sopravvivenza. Ora, con la recessione economica, il governo cinese trasmette in maniera naturale la crisi ai propri cittadini più poveri. Sempre più persone non riescono a sopravvivere affidandosi ai propri magri salari. Questo si verifica quando una politica entra in uno stato di crisi. Quindi sistemare la struttura economica non è una cosa di cui soltanto la popolazione ha bisogno: anche qualunque governo cinese dovrebbe averne bisogno.

Da un livello superiore, questo aggiustamento deve partire come prima cosa dall’aumento del consumo interno della popolazione cinese. Parlando in maniera semplice, queste due cose vanno fatte subito. Da una parte, fermare gli investimenti nel campo edilizio che contribuiscono alle bolle dell’economia, e muoversi invece verso investimenti mirati in altri beni di consumo. I prezzi al ribasso degli immobili potrebbero aiutare a riciclare tutto il surplus di valuta in circolazione, tagliando così l’inflazione in Cina. Dall’altra parte si deve migliorare il tasso di cambio dello yuan, per aumentare le importazioni e riempire i buchi del mercato interno. Anche questa mossa aiuterebbe a tagliare l’inflazione e a eliminare valuta in eccesso.

Queste due semplici misure potrebbero abbattere l’inflazione e migliorare lo standard di vita della popolazione. Di conseguenza, il modello di sviluppo economico cinese si muoverebbe in maniera graduale verso un tipo più ragionevole, mentre la crisi politica inizierebbe a rilassarsi. Tuttavia, il costo di queste misure è rappresentato da cose che il Partito comunista e la sua classe di capitalisti-burocrati non sono disposti ad accettare. Il costo infatti prevede che i guadagni del governo, e quelli della classe dirigente e delle industrie multinazionali, si abbassino in maniera significativa, arrivando persino in negativo.

Se il governo cinese fosse un governo democratico, chiamato a rispondere delle sue azioni davanti alla popolazione, o fosse almeno un regno o una dinastia con un leader che non fosse tanto fatuo da essere irresponsabile, prenderebbe queste semplici misure alla Robin Hood per salvare la nazione. Ma la Cina attuale è una nazione deformata, con un governo deforme. Il governo non è chiamato a rispondere delle sue azioni davanti al popolo e non è responsabile dello Stato. Sono responsabili soltanto dei gruppi e degli interessi della loro classe di burocrati-capitalisti. Quando questa classe dice “no”, il governo non fa nulla.

Non c’è bisogno di chiedere loro cosa faranno quando il governo cadrà: hanno già trasferito o stanno trasferendo quello che hanno accumulato - portafogli, mogli e figli - in altre nazioni, ben governate. Persino le loro amanti hanno aperto delle redditizie lavanderie in Occidente, utili a riciclare denaro, e questo ha traumatizzato la polizia locale, che si chiede che tipo di denaro venga lavato in questi posti. Quindi ora esiste un nuovo termine nel vocabolario cinese, “dirigenti in fuga”, insieme a un detto che recita: “Sono al sicuro, perché dovrei preoccuparmi?”. Che la Cina collassi o meno ha poco a che vedere con questi funzionari.

Sotto il controllo di una classe di burocrati-capitalisti, che non sono chiamati a rispondere e non vogliono essere responsabili di nulla, qualcuno sarà in grado di pagare un prezzo di tasca propria per salvare questo Paese? E’ per questo che il professor Lang è stato costretto a usare un linguaggio che di solito non appartiene a un docente: “Sarete tutti costretti a piangere”. Anche se non ha avuto il coraggio di dire tutto con chiarezza, le sue conclusioni sono indisputabili. Senza il rovesciamento di questa classe di irresponsabili, che non vogliono la responsabilità del Paese, non c’è speranza per la Cina. Quindi piangere diverrà l’unica opzione e nessuno sarà in grado di salvarli tutti.