Kashmir, Alta corte scagiona il rev. Khanna, ma la sua vita è in pericolo
di Nirmala Carvalho

Lo Stato aveva denunciato il pastore anglicano dopo le accuse di proselitismo e conversioni forzate mosse da un tribunale islamico. Per Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), la vita del pastore anglicano “è ancora in pericolo”. Tre dei sette giovani battezzati dal rev. Khanna sono tornati all’islam dopo le minacce della corte shariatica.


Srinagar (AsiaNews) – L’Alta corte del Jammu e Kashmir ha sospeso il procedimento contro il rev. Chander Mani Khanna, accusato dal governo di promuovere “disarmonia e inimicizia su base religiosa” nella comunità di Srinagar. Le autorità avevano depositato la denuncia (Fir – First Information Report) dopo le accuse di conversioni forzate mosse dal gran muftì della regione. Nonostante la sentenza a favore del pastore, per Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), “la vita del rev. Khanna è ancora in pericolo”.

Nel novembre 2011 un tribunale islamico aveva convocato il pastore, accusandolo di aver spinto al battesimo 7 giovani musulmani in cambio di soldi e mostrando come prova un video apparso su Youtube. Per queste accuse – sempre negate dal rev. Khanna e dagli stessi convertiti – l’uomo è stato arrestato e rilasciato solo dopo una settimana. Nel gennaio di quest’anno, la stessa corte shariatica ha chiesto l’espulsione del pastore insieme a p. Jim Borst e altri missionari cristiani.

“Con l’annullamento di tale denuncia – afferma il presidente del Gcic – il pastore può finalmente andarsene dallo Stato. A causa delle continue minacce provenienti dal tribunale islamico, la sua famiglia è già partita. Ormai qui non sono più al sicuro”.

A Srinagar, spiega Sajan George, “c’è un’aria sempre più tesa. La situazione è precaria e instabile. Fondamentalisti islamici minacciano le famiglie dei convertiti di sequestrare tutte le proprietà, affinché essi tornino all’islam”. Intimidazioni che hanno avuto effetto, almeno in parte: tre dei sette giovani battezzati hanno deciso di abiurare il cristianesimo.

“Quello che è più vergognoso – ribadisce il leader protestante – è che il tribunale islamico non ha alcuna autorità legale nel Jammu e Kashmir. Ciononostante, le accuse del gran muftì hanno creato un grave caso di persecuzione anticristiana”.