Seoul, il Parlamento chiede alla Cina di fermare il rimpatrio forzato dei nordcoreani
Approvata con 154 voti favorevoli una risoluzione per fermare la politica cinese sui rifugiati politici che scappano dal regime di Pyongyang. Una parlamentare in sciopero della fame davanti all’ambasciata di Pechino: “O cambiano la loro politica o morirò. Non ho intenzione di fermarmi”.

Seoul (AsiaNews/Agenzie) - Il Parlamento di Seoul ha approvato oggi con 154 voti favorevoli una risoluzione con cui chiede alla Cina di fermare il rimpatrio forzato dei rifugiati nordcoreani. La proposta è stata avanzata per cercare di salvare 30 immigrati del Nord, arrestati dal governo di Pechino e in procinto di essere rimandati a casa. Una parlamentare dell'opposizione ha iniziato uno sciopero della fame "se necessario fino alla morte" per convincere il governo cinese a cambiare del tutto la propria politica sulla questione.

Pechino, ultimo alleato rimasto del governo nordcoreano, considera gli esuli dal Nord dei "migranti economici illegali" e se li arresta li rimanda a casa. Ma la situazione di chi cerca di fuggire e viene catturato è peggiorata con la morte di Kim Jong-il: il suo successore, Kim Jong-un, ha infatti annunciato subito dopo la presa del potere che intende "sterminare le famiglie di coloro che cercano di abbandonare la madrepatria". Dalla fine della guerra di Corea (1950-1953), circa 21mila persone sono fuggite dall'ultimo regime stalinista: per andarsene, quasi tutti passano dalla Cina per poi chiedere asilo politico alla Corea del Sud.

La questione riguarda anche il diritto internazionale: secondo i trattati fra le nazioni, infatti, chi scappa da un Paese con chiari tratti di persecuzione va considerato un rifugiato e non un immigrato. Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha dichiarato: "Per quanto riguarda gli esuli nordcoreani, il governo cinese deve trattarli in linea con i trattati internazionali. Non sono dei criminali". La Corea del Sud ha chiesto inoltre alle Nazioni Unite di intervenire.

Park Sun-young, esponente del partito conservatore, sta digiunando davanti all'ambasciata cinese a Seoul per chiedere "un vero cambiamento" nella politica sui rifugiati: "Se la situazione rimane questa morirò, dato che non ho intenzione di fermarmi". La donna, 55 anni, è accampata davanti a una chiesa: non ha fonti di riscaldamento, nonostante la notte la temperatura scenda sotto gli zero gradi, e partecipa a tutte le proteste anti-cinesi che si verificano davanti all'ambasciata.