Pechino alza il prezzo del carburante, ma rischia il picco inflattivo
Per la seconda volta nel 2012, il governo decide di salvare le raffinerie (statali) e ritocca del 6 e 7 % i prezzi di benzina e gasolio. In questo modo fa alzare anche l'inflazione, da sempre causa di proteste sociali. Nel frattempo, il Fondo monetario "promuove" il governo ma avverte: "Basta investimenti azzardati".

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Per contrastare l'aumento del prezzo del greggio, Pechino ha deciso di alzare il prezzo della benzina del 6 % e quello del diesel del 7 %: si tratta del secondo aumento deciso nel corso del 2012, e va collegato ai contrasti internazionali fra l'Iran e la comunità internazionale. Teheran esporta oltre il 20% della propria produzione in Cina, ma le sanzioni internazionali hanno diminuito il livello del commercio e aumentato di conseguenza il prezzo. Ora il timore è che salga anche l'inflazione, da sempre causa di tensioni sociali.

Il governo comunista ha deciso di salvare le raffinerie interne, di proprietà statali, invece di mantenere basso il paniere dei prezzi al consumo. Ma il picco inflativo dello scorso anno, che a luglio ha toccato il 6,5 %, rischia di scatenare una reazione a catena interna con potenzialità distruttive. A febbraio l'inflazione cinese si è stabilizzata al 3,4 %, sotto l'obiettivo ufficiale del 4 %.

La Cina è il secondo consumatore di petrolio al mondo dopo gli Stati Uniti. La fame di energia interna ha scatenato una caccia alle riserve di tutto il mondo, che crea però diverse tensioni internazionali e interne. Secondo Gordon Kwan, capo dell'Ufficio ricerca della Mirae Asset Securities Ltd. di Hong Kong, "questo aumento è arrivato prima del previsto. Segna la fine della campagna governativa contro l'inflazione".

Nel frattempo il Fondo monetario internazionale, che controlla molto da vicino la situazione, ha "promosso" le operazioni cinesi ma ha lanciato un avvertimento al governo, che "deve cambiare la sua politica economica improntata sulle esportazioni". Zhu Min, vice direttore esecutivo del Fondo di recente nomina, ha dichiarato che "la Cina sta avendo un atterraggio tranquillo rispetto alla crisi".

Tuttavia, ha continuato il tecnico, "Pechino deve gestire in maniera più accurata il suo modello di sviluppo improntato sugli investimenti, che rappresentano il 48 % del Prodotto interno lordo". Per frenare la disoccupazione, il governo ha aperto i rubinetti degli investimenti ma ha creato diverse bolle speculative; inoltre, non ha creato un mercato interno destinato alla nuova classe media e a quella operaia. In questo modo, rischia di far scoppiare la richiesta interna.