A Damasco il capo degli osservatori Onu: possiamo fare la differenza, se tutti collaborano
Ma tra la notte e stamattina ancora violenze con morti e feriti. Secondo l'opposizione, la presenza dei primi osservatori è già servita a far diminuire le violenze a Homs, da dove però si è allontanato il 90% dei cristiani. La difficile situazione di una comunità stretta tra la dittatura del regime e un futuro segnato dall'islamismo.

Beirut (AsiaNews) - Due bombe contro la sede delle forze di sicurezza a Idlib, nel nordest della Siria, e un attacco contro l'ufficio della Banca centrale a Damasco, tra la notte scorsa a questa mattina. Bilancio, secondo le fonti statali, 8 morti, che sono 20 per l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Decine, per entrambe le parti, i feriti.

I due episodi sono giunti a poche ore dall'arrivo, a Damasco,  del generale norvegese Robert Mood (nella foto), incaricato della supervisione della tregua sancita dall'accordo raggiunto tra Kofi Annan - incaricato dall'Onu e dalla Lega araba - e il regime di Bashar al-Assad. Al suo arrivo, il generale Mood ha sottolineato il difficile compito della missione Onu, che arriverà ad avere 300 osservatori che, al momento, sono solo 30. Modd se da un lato si è però detto fiducioso: "Saremo solo 300, ma possiamo fare la differenza", dall'altro ha aggiunto che "30 osservatori disarmati, 300 osservatori disarmati, anche 1.000 osservatori disarmati non possono risolvere tutti i problemi". "Faccio appello a tutti - ha concluso - perché ci aiutino e cooperino con noi in questo compito così impegnativo".

Fonti dell'opposizione sostengono che la presenza dei primi osservatori è già servita a far diminuire le violenze a Homs, uno dei teatri principali della rivolta scoppiata 13 mesi fa.

Dalla città, intanto, si è allontanato il 90% dei cristiani. Il fatto va posto in relazione all'intensificarsi di episodi di violenze da parte di gruppi estremisti islamici, che nascono in un clima di sospetto e di accuse che circonda la comunità cristiana, accusata di essere completamente schierata dalla parte del regime. Il fronte degli oppositori, pur diviso, vede una vasta presenza dei Fratelli musulmani ed è comunque appoggiato dall'Arabia Saudita. Forte in particolare la presenza della predicazione waabita tra gli uomini del Free Syrian Army, le milizie che combattono le forze regolari siriane.

In questo quadro, i cristiani in Siria - circa il 10% della popolazione - si trovano tra due fuochi: da una parte c'è la dittatura del regime che, pur non lasciando loro molto spazio di critica, li lascia vivere. Dall'altra parte c'è invece un futuro che si prospetta sempre più islamico, e per questo alcuni vogliono la caduta di Assad, mentre altri continuano a difenderlo. (PD)