Prete di Mosul: "Dopo le elezioni non abbiamo più paura"

E' cambiato l'atteggiamento della popolazione; nei circostanti villaggi cristiani, dove  non si è potuto votare, la gente chiede di andare alle urne.


Mosul (AsiaNews) – "Dopo le elezioni non abbiamo più paura". In queste parole di padre Ragheed Ganni, sacerdote cattolico di Mosul, città del nord Iraq teatro della guerriglia, c'è lo stato d'animo della gente a 2 giorni dallo storico voto del 30 gennaio 2005. "In città c'è stata una grande affluenza alle urne: ho visto persone fare la coda davanti a centri elettorali pieni; la gente era emozionata". E nei villaggi circostanti, dove non si è potuto votare per mancanza del materiale elettorale, la gente chiede di potersi recare alle urne.

P. Ganni, raggiunto telefonicamente da AsiaNews, ha spiegato che "è in atto un cambiamento psicologico tra la popolazione: si comincia a sentire la gioia della vittoria sul terrorismo. Non sono solo parole è qualcosa di palpabile". Il sacerdote ha detto che sempre più spesso per le strade si sente la gente dire che "per la prima volta si è sentita libera di poter scegliere, esprimere una preferenza senza che qualcuno gliela imponesse". Secondo p. Ganni "per la maggior parte di chi a Mosul non ha votato, l'ha fatto solo per paura, non per boicottare la consultazione".

Il vice governatore della città, Khasro Goran, dal canto suo ha dichiarato che l'affluenza è stata forte in generale nelle zone a maggioranza curda, ma che nella parte est della città "c'erano giovani armati sparavano nelle strade e dai tetti per cercare di spaventare la gente".

P. Ganni, da pochi giorni, insieme al vescovo, mons. Raho, è tornato nel vescovado caldeo danneggiato nell'attentato dello scorso 9 dicembre, del quale è stato testimone. "Ora la situazione è più tranquilla e speriamo che il nuovo governo porti maggiore sicurezza, noi siamo ottimisti; ieri un gruppo di 40 terroristi è stato arrestato, questi sono segni che ci fanno sperare". Domenica mons. Raho ha celebrato messa nella cappella interna al vescovado, p. Ganni ha raccontato che non si sono potuti recare in parrocchia perché le misure di sicurezza impedivano la circolazione di auto e che "con pochi fedeli abbiamo pregato per la pace". Pur convinto che la situazione migliorerà, il vescovo per ora non ha rilasciato messaggi ufficiali per evitare pretesti che possano surriscaldare la situazione.

Situazione ancora incerta invece nei villaggi a maggioranza cristiana e curda intorno a Mosul, dove ancora non si vota. Domenica diversi elettori si erano recati ai seggi, ma non c'erano né schede, né contenitori.  La Commissione elettorale aveva accettato la proposta dei responsabili locali di estendere il voto a lunedì, ma "stamattina ancora non si può votare". "La voglia di partecipare al voto – racconta p. Ganni – qui è grande; ieri a Karrakosh e nei villaggi vicini la gente è scesa in piazza a manifestare, anche perché non è chiaro quello che è successo". Le notizie sull'accaduto infatti sono vaghe. "si dice che il materiale elettorale non sia arrivato per problemi logistici e di organizzazione, ma non può essere una semplice coincidenza che in tutto il Paese e in città si sia votato e in questi villaggi cristiani invece no". Un portavoce del  Kurdish Democratic Party, in lista alle elezioni, ha sottolineato che la popolazione nei villaggi limitrofi a Mosul (Shaikhan, Bartila, Bashika e Karakosh) è di circa 300 mila abitanti, di cui 100 mila aventi diritto al voto.

Alcune autorità di Mosul, tra cui il vice governatore, pensano che "qualcuno qui non vuole che l'elettorato curdo si esprima: teme che la  prevista massiccia partecipazione curda possa sconvolgere l'equilibrio della città". (MA)