Siria, non è guerra contro i cristiani, ma fra alawiti e sunniti
Fonti di AsiaNews criticano la strumentalizzazione degli attacchi contro i cristiani avvenuti in questi giorni. Essi sono frutto della guerra e non di una persecuzione pianificata. A tutt'oggi nessuna chiesa è stata bersaglio di attacchi mirati da parte degli estremisti islamici o del regime.

Damasco (AsiaNews) - "In Siria è prematuro parlare di odio religioso contro i cristiani. In un anno di conflitto gli estremisti islamici non hanno attaccato nemmeno una chiesa". Lo affermano fonti di AsiaNews in Siria, che correggono le notizie di attacchi mirati contro i cristiani pubblicate in questi giorni dai media occidentali. Le fonti spiegano che "l'aggressione contro p.  padre George Louis, parroco della chiesa greco cattolica di San Michele di Qara e la cacciata delle famiglie dal villaggio di Al Borj Al Qastal, sono fatti molto gravi. Tuttavia sono frutto del clima di guerra, violenza e assenza di legge di cui è vittima il Paese. A tutt'oggi  le relazioni fra cristiani e musulmani sono uno dei pochi aspetti positivi in un clima di violenza efferata".

Lo scorso 11 maggio a Qara alcuni uomini armati hanno aggredito p. George Luis  nella sua abitazione, per estorcergli del denaro. Essi hanno colpito il religioso fino a tramortirlo e lo hanno legato e imbavagliato per evitare che desse l'allarme. Solo dopo diverse ore p. George è riuscito a chiamare uno dei suoi parrocchiani per chiedere aiuto. Lo stesso giorno ad al-Borj al- Qastal, i miliziani del Free Syrian Army avrebbero cacciato 10 famiglie cristiane e occupato le loro abitazioni. Finora è ancora incerto se essi siano stati espulsi o abbiano abbandonato le abitazioni di propria volontà. Un situazione simile si è verificata a Homs a fine marzo. I media occidentali hanno riportato la cacciata di oltre 50mila cristiani dalla città in mano ai ribelli islamici, ma la notizia è stata smentita dalla locale comunità dei gesuiti, che hanno invece parlato di un esilio volontario per sfuggire alle violenze.

"Diversi giornali italiani e internazionali - continua la fonte - hanno bollato i fatti di questi giorni come un atto di persecuzione nei confronti dei cristiani, ma non considerano che, a parte la capitale e poche altre città, tutta la Siria è ormai una sorta di terra senza legge, infestata da criminali senza scrupoli che colpiscono chiunque si trovi indifeso. E in questo periodo la maggior parte della popolazione, cristiana e musulmana è in balia di queste bande. Per evitare reazioni violente che potrebbero essere strumentalizzate dai gruppi ribelli più radicali, l'esercito e la polizia siriana non intervengono".

In oltre un anno di conflitto, i cristiani siriani hanno subito pochi attacchi a carattere persecutorio, simili a quelli condotti dagli islamisti in Iraq e in Egitto. E ciò nonostante la presenza di estremisti islamici, anche stranieri, sul territorio. Le fonti spiegano che il vero scontro religioso è fra alawiti e sunniti, come dimostrano i recenti fatti avvenuti a Tripoli, nel nord Libano.

"Ai posti di blocco - raccontano - sia i ribelli che l'esercito regolare trattano con rispetto la minoranza cristiana. Una loro persecuzione getterebbe discredito sul regime di Assad che ha fatto della tolleranza religiosa uno dei baluardi del suo governo. Ciò vale anche per i ribelli che cercano l'appoggio degli Stati occidentali". Le fonti notano che in un anno di guerra civile nessuna chiesa è stata bersaglio di attacchi da parte degli estremisti islamici o del regime. Finora gli islamisti hanno espresso solo minacce verbali accusando le minoranze di appoggiare il regime. Tuttavia, molti cristiani sostengono la visione dei ribelli e nel 2011 hanno partecipato  insieme ai musulmani alle manifestazioni contro Assad. 

A tutt'oggi, gli unici danni ai luoghi di culto sono frutto di bombardamenti e scontri fra esercito e miliziani e non di attacchi mirati. Per le fonti, in questo clima di caos e violenza, chiunque potrebbe attaccare un monastero, un convento, una chiesa o un religioso senza essere punito. "Situazioni ben peggiori - affermano - si registrano in Iraq, Turchia, Egitto e anche in Giordania, dove si assiste a uno strisciante sentimento anticristiano radicato nella società e spesso fomentato dalle stesse istituzioni". (S.C.)