La missione dei gesuiti tra i tribali Kaktari: combattere lo sfruttamento, insegnare la dignità
di Nirmala Carvalho
Il centro Janhit Vikas Trust (Jvt, “benessere delle persone”) cerca di migliorare la vita delle popolazioni tribali del Maharashtra, nel rispetto di cultura e tradizioni. Tra le iniziative: istruzione minima per bambini e ragazzi; esperienze di microcredito; gruppi di auto-aiuto contro l’alcolismo; educazione legale alla donna, contro abusi e violenze domestiche; uso di erbe e rimedi naturali per curarsi.

Mumbai (AsiaNews) - Spezzare il ciclo di povertà e sfruttamento di cui i tribali (adivasi) indiani sono vittime, insegnando loro a sfruttare le risorse di cui dispongono e preservando la loro dignità e integrità. È la missione del Janhit Vikas Trust (Jvt, "benessere delle persone"), centro gesuita di animazione sociale che dal 1992 lavora in 20 villaggi del distretto di Raigad (Maharashtra) con i Katkari, popolazione tribale nomade e molto povera, non riconosciuta dal governo dello Stato. Per sopravvivere, lavorano come braccianti nella stagione dei monsoni, per poi migrare ed essere impiegati nelle miniere di carbone o nelle fabbriche di mattoni. Tra i Katkari è molto diffuso lo sfruttamento sessuale delle donne.

"Il nostro obiettivo - spiega ad AsiaNews p. Diago D'Souza, direttore del Jvt - è aiutarli a conoscere e pretendere i loro diritti, senza allontanarsi dalla loro cultura". Per questo, l'attività del Jvt si articola in molti modi: programmi per generare e sviluppare fondi; progetti sanitari; corsi per diventare operai; lezioni di diritti umani; formazione di gruppi di microcredito e di auto-aiuto; istruzione di base e legale.

Trattandosi di una popolazione nomade, i Katkari si dedicano solo a lavori stagionali, che si traducono in sfruttamento e salari bassi e irregolari. Quando a lavorare sono sia il marito che la moglie (il migliore dei casi), la famiglia può contare su circa 350-400 rupie. Ma la loro condizione di migranti provoca un problema ancora più grave: l'analfabetismo. Spostandosi insieme alla famiglia infatti, i bambini non riescono ad andare a scuola, e crescono nutrendo le fila di una popolazione sempre più illetterata e indifesa. Per cambiare questa situazione, collaboratori del Jvt prelevano i bambini dalle baracche e li portano in scuole ambulanti, dove maestri pagati dal centro gesuita insegnano loro inglese e matematica.

L'educazione nei villaggi Kaktari è anche quella rivolta alla donna, spesso vittima di abusi e violenza domestica: nel tempo, sono aumentati corsi e seminari in cui si insegna alle donne i loro diritti, e a quali leggi ricorrere in caso di bisogno.

Un altro problema che affligge questi adivasi è l'alcolismo. Pur vivendo in condizioni di estrema povertà, vi sono dei periodi dell'anno in cui il lavoro è più fruttuoso. Tuttavia, i soldi in più non vengono spesi per sistemare le baracche o comprare da mangiare, ma in alcol. Grazie a seminari Jvt, alcuni nuclei tribali hanno risolto tale questione. In alcuni casi, i volontari hanno aiutato la popolazione a formare dei gruppi di auto-aiuto, per inserirsi nel loro contesto culturale senza alienarli dalla loro identità.

Infine, un'iniziativa lodevole è quella legata alle cure sanitarie. Ospedali e sanatori infatti sono pochi e molto lontani, e chiamare un medico costa più di 50 rupie. Così, il centro gesuita insegna ai tribali a sfruttare le capacità curative di erbe e piante che trovano in natura, per creare unguenti, tisane, infusi e preparati per risolvere malesseri meno gravi, come raffreddore, diarrea, scabbia e febbre.