Apparizioni e "messaggi" non possono "correggere" o contrastare il Vangelo
Un documento della Congregazione per la dottrina della fede su fenomeni "attribuiti a origine soprannaturale". Per essere veri debbono essere "orientati" a Gesù, unica definitiva Rivelazione e possono introdurre "nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche".

Città del Vaticano (AsiaNews)  - Gesù è "culmine della Rivelazione, compimento delle promesse di Dio e mediatore dell'incontro tra l'uomo e Dio. Egli 'che ci ha rivelato Dio' (Gv 1,18) è la Parola unica e definitiva consegnata all'umanità". Per questo "asserite apparizioni,  visioni e messaggi attribuiti a origine soprannaturale", cioè le "rivelazioni private", per essere vere debbono essere "orientate" a lui, possono "introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche, ma non possono in alcun modo, cioè, "correggere" o contrastare l'unica definitiva Rivelazione. L'affermazione, che peraltro ribadisce la posizione tradizionale della Chiesa, è contenuta nella "Prefazione" scritta dal card. William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede,  alle "Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni".

Il documento che viene ora reso pubblico, è in realtà del 25 febbraio 1978 (il testo integrale è in http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29271.php?index=29271&lang=it). A quel tempo, però, "le Norme furono inviate alla conoscenza dei vescovi, senza darne una pubblicazione ufficiale anche in considerazione del fatto che esse riguardano in prima persona i pastori della Chiesa".

L'attualità della problematica di esperienze legate ai fenomeni soprannaturali nella vita e nella missione della Chiesa è stata rilevata anche recentemente nel corso della XII assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio nell'ottobre 2008 ed è stata inserita da Benedetto XVI  all'interno dell'esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini.

Il Papa vi afferma che "La Chiesa esprime la consapevolezza di trovarsi con Gesù Cristo di fronte alla Parola definitiva di Dio; egli è 'il Primo e l'Ultimo' (Ap 1,17). Egli ha dato alla creazione e alla storia il suo senso definitivo; per questo siamo chiamati a vivere il tempo, ad abitare la creazione di Dio dentro questo ritmo escatologico della Parola; 'l'economia cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr 1 Tm 6,14 e Tt 2,13)' (Dei Verbum, 4)".

Per questo Benedetto XVI rileva che "Il Sinodo ha raccomandato di 'aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private' (Propositio 47), il cui ruolo 'non è quello... di 'completare' la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica' (Catechismo della Chiesa Cattolica, 67). Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall'unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa, Dio stesso parla a noi. Il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all'interno del Vangelo e non fuori di esso. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all'unica rivelazione pubblica. Per questo l'approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. Una rivelazione privata può introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche. Essa può avere un certo carattere profetico (cfr 1 Tess 5,19-21) e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell'ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso. In ogni caso, deve trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Il messaggio di Fatima, 26 giugno 2000: Ench. Vat. 19, n. 974-1021)"1.