La crisi nucleare di Fukushima: responsabilità dell'uomo
di Pino Cazzaniga
Le conclusioni della commissione d'inchiesta. Il fattore reponsabile della tragedia, è l'uomo giapponese, concretamente indicato nella TEPCO, cioè l'industria, nei "regolatori", cioè la burocrazia, e in Naoko Kan, l'allora primo ministro.

Tokyo (AsiaNews) - Ci sono responsabilità umane in quanto accaduto l'11 marzo 2011, quando sono esplosi due dei sei impianti nucleari costruiti nei pressi della città di Fukushima (nord-est del Giappone). Dagli impianti disastrati sono fuoriuscite radiazioni di 400 mSv/h (millesieverts) che hanno costretto la popolazione locale ad evacuare  la zona. Disastro nucleare di livello 7 come quello di Chernobil. In tutto il Giappone è aumentato il livello di radioattività.

Disastro ad opera di uomini 

La TEPCO (Tokyo Electric Power Co.) , proprietaria dei reattori esplosi, si è affrettata a indicare nella natura (terremoto e tsunami) la causa delle esplosioni,  ma dalla relazione della commissione investigatrice nominata dalla Dieta (parlamento), si sa  che ha il disastro è imputabile all'agenzia NISA (Nuclear and Industrial Safety Agency)e alla  TEPCO: le due agenzie, già prima del terremoto e dello tsunami, erano consapevoli della necessità di migliorare la sicurezza degli impianti.

La relazione della commissione parlamentare, frutto di sei mesi di investigazione, è stata consegnata all'inizio di luglio ai presidenti dei due rami della Dieta da Kiyoshi Kurokawa, presidente della commissione parlamentare investigatrice. La crisi nucleare di Fukushima, ha detto, "non può essere considerata come un disastro naturale; è profondamente un disastro imputabile all'uomo (man-made disaster)".

Industria, governo e burocrazia i veri responsabili

La commissione parlamentare ha inteso analizzare le cause del disastro in ampie prospettive: tra i membri scelti c'erano un ex diplomatico, due avvocati,  un chimico, uno scienziato e un giornalista.

Nella prefazione alla relazione l'"uomo", che viene indicato come il fattore reponsabile  della tragedia, è l'uomo giapponese, concretamente indicato nella TEPCO, cioè l'industria, nei "regolatori", cioè la burocrazia, e in Naoko Kan, l'allora primo ministro:"Tutti e tre mancavano di preparazione e visione per affrontare efficacemente una crisi di tale natura e portata... Le cause dirette della crisi erano tutte prevedibili prima dell'11 marzo 2011, quando il terremoto di magnitudine 9 ha colpito la regione del Tohoku (nord-est del Giappone) ma (i responsabili) dell'impianto nucleare  sono stati incapaci di prevenire prima e affrontare, dopo, l'immenso disastro".

"Ci sono state molte occasioni per i regolatori (la NISA: Nuclear and Indutrial Safetu Agency e la Nuclear Safety Commission) e per la TEPCO di adottare misure per prevenire la crisi", si legge nella relazione . Ma (i responsbili) o intenzionalmente hanno rinviato di porre in atto le misure (necessarie) o hanno preso decisioni sulla base di interessi delle loro rispettive organizzazioni".

Viene criticata anche l'azione del primo ministro (Kan), che con il suo interveno immediato ed eccessivo "ha spezzato la pianificata catena di comando".

L'ostacolo della cultura giapponese

Kurokawa ha mostrato un alto grado di coraggio, onestà e chiarezza anche per il fatto che non ha risparmiato la cultura giapponese. Dopo aver detto  che la crisi  era stato il risultato "di una moltitudine di errori e di negligenza volontari", non si è trattenuto dal mettere, per così dire, sotto processo anche la cultura giapponese.  Per il disastro ha osato incolpare "la nostra obbedienza passiva, la nostra riluttanza a mettere in questione l'autorità, la nostra devozione a  essere fedeli al programma, il nostro senso del gruppo e la nostra insularità".

L'americano  Mire Dickie, corrispondente da Tokyo del The Financial Times,  loda il valore della relazione della commissione indipendente. "Le spiegazioni della TEPKO dopo il terremoto sono irrazionali , scrive, e l'insistere sullo tsunami come causa del danno è un tentativo di schivare la responsabilità".

Guardando al futuro

Negli ultimi cento anni il Giappone ha dovuto affrontare gravi crisi che potevano metterlo in ginocchio. Ha saputo sempre imparare le lezioni e rialzarsi con onore.  Glielo auguriamo anche ora.

La parte finale della relazione  ne ha indicato la via. Kazuaki Nagata, editorialista del The Japan Times , l'ha così sintetizzata: "Migliorare la sicurezza nucleare sulla base da quanto si è imparato dalla crisi di Fukushima, come rivedere le leggi sull'energia e la sicurezza nucleari quale prima priorità e creare una commissione parlamentare per controllare se i "regolatori" governativi stanno compiendo un lavoro adeguato".