Ban Ki-moon: in Siria "l'inattività diventa una licenza per altri massacri"
Dopo la strage di Tremseh, il segretario dell'Onu tenta di spingere il Consiglio di sicurezza a prendere concrete iniziative per fermare la guerra civile. Russia e Cina si oppongono a ogni risoluzione che comporti nuove sanzioni contro Assad. Ieri altri 118 morti, secondo il Syrian Observatory for Human Rights.

Beirut (AsiaNews) - "L'inattività diventa una licenza per altri massacri": sono le parole con le quali il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon sta tentando di ottenere dal Consiglio di sicurezza una iniziativa che serva concretamente a fermare le stragi che continuano in Siria. Lo stesso Ban Ki-moon ha aggiunto che quanto sta accadendo pone "molti dubbi" sull'impegno del presidente Bashar al-Assad per la pace.

L'organo decisionale delle Nazioni Unite è riunito per discutere il futuro della missione dgli osservatori, che scade il 20 luglio, ma l'eco del massacro di Tremseh, con oltre 200 morti, ha allargato la discussione. Finora inutilmente, visto il totale contrasto tra occidentali e arabi che vorrebbero forti pressioni sul regime di Assad e Russia e Cina che si opongono.

Di fronte alla richiesta del segretario dell'Onu di "prendere un'azione collettiva e decisiva per porre fine immediatamente e pienamente alla tragedia", l'Occidente ha proposto infatti una risoluzione che dà ad Assad 10 giorni per allontanare carri armati, elicotteri e armi pesanti dalle città e porre fine alle violenza. L'inosservanza porterebbe a nuove sanzioini. La Cina, e soprattutto la Russia, si oppongono a ogni passo che possa portare a nuove sanzioni.

Ciò, malgrado l'esplicita accusa mossa a Damasco da Kofi Annan, inviato dell'Onu e della Lega araba, per il quale "l'uso di artiglieria, carri armati ed elicotteri, confermato dall' UNSMIS (gli osservatori delle Nazioni Unite, ndr) è una violazione degli obblighi e dell'impegno del governo siriano di porre fine all'uso di armamento pesante nei centri abitati".

E mentre govrno e ribelli continuano a scambiasi accuse sulla responsabilità del massacro di Tremseh, il Syrian Observatory for Human Rights (opposizione) dice che ieri ci sono stati altri 118 morti: 49 civili, 37 militari e 32 guerriglieri. L'Osservatorio riferisce di manifestazioni di protesta anche a Damasco, disperse a colpi di arma da fuoco. (PD)