Il Ramadan “salva” 67 lavoratori migranti nepalesi in Qatar
di Kalpit Parajuli
Senza stipendio da quattro mesi, gli operai hanno trovato rifugio in una moschea vicino Doha. Nel mese sacro del digiuno, i musulmani si impegnano in opere di carità verso poveri e bisognosi. Ora i lavoratori chiedono all’ambasciata nepalese di essere rimpatriati.

Kathmandu (AsiaNews) - Il mese sacro del Ramadan "ha salvato" la vita di 67 operai nepalesi in Qatar. Senza stipendio da quattro mesi, gli uomini hanno infatti trovato ospitalità e cibo in una moschea vicino al mercato di Homsalal Ali Usel, a circa 35 km da Doha. La carità (zakat) verso poveri e bisognosi è uno dei cinque pilastri dell'islam, e nel mese di digiuno dall'alba al tramonto è ancora più praticata, come ulteriore forma di purificazione. Tuttavia, ora che il Ramadan è finito i nepalesi temono di non riuscire a sopravvivere, e hanno chiesto alla loro ambasciata in Qatar di aiutarli a tornare a casa.

Gli operai erano impiegati nella Bajra Qatar Company, ditta che fornisce manodopera edile. Quattro mesi fa, l'azienda ha iniziato a non pagare più gli stipendi, e i lavoratori si sono ritrovati per strada. Raghav Ansari, originario del distretto di Parsha in Nepal, racconta: "Siamo senza soldi e senza lavoro. Non potendo mangiare, io e i miei amici eravamo troppo deboli e siamo stati licenziati".

Per il momento, l'ambasciata del Nepal in Qatar non dà grandi segnali. Rishiram Ghimire, un diplomatico, ammette che "67 operai sono venuti per chiedere aiuto. Stiamo cercando di risolvere il problema. Abbiamo parlato con il datore di lavoro, che ha promesso di pagare i salari arretrati entro un mese e mezzo". Tuttavia, gli operai chiedono di essere rimpatriati.

Il Nepal ha più di 4 milioni di suoi cittadini impiegati all'estero, il 10% dei quali sono donne. Proprio queste sono le principali vittime di abusi sessuali, maltrattamenti e sfruttamento sul posto di lavoro, al punto che il 10 agosto scorso il governo del Nepal ha bloccato l'emigrazione delle donne sotto i 30 anni. La maggior parte dei casi si registra in Arabia Saudita, Qatar e Kuwait, ma anche altri Paesi mediorientali.