Hezbollah lancia una settimana di proteste contro il film anti-islam
di Paul Dakiki
Il capo degli sciiti militanti ha atteso la partenza di Benedetto XVI dal Libano. Sette giorni di manifestazioni in tutto il Paese. Paesi islamici devono chiedere una legge internazionale che proibisca insulti all'islam e alle altre religioni. In Libia arrestate e fermate 50 persone legate all'attacco al consolato Usa, dove รจ stato ucciso l'ambasciatore Chris Stevens. Per il presidente dell'Assemblea libica, i responsabili dell'attacco, pianificato mesi prima, sono membri di al Qaeda.

Beirut (AsiaNews) - A poche ore dalla visita di Benedetto XVI in Libano,  il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha annunciato alla televisione un programma di sette giorni di proteste contro un film blasfemo su Maometto e contro gli Stati Uniti, dove è stato prodotto.

Nasrallah ha fatto notare che intenzionalmente egli ha atteso la partenza di benedetto XVI prima di lanciare l'iniziativa. "Chi è da ritenere responsabile, chi va punito, perseguito e boicottato sono coloro direttamente responsabili per questo film e quelli che stanno dietro di loro, sostenendoli e proteggendoli, primi fra tutti gli Stati Uniti".

Nasrallah ha anche chiesto ai Paesi arabi musulmani di premere per una legge internazionale che proibisca insulti all'islam e alle altre religioni.

Le proteste si terranno oggi pomeriggio a Beirut, nella banlieu sud, dove Hezbollah è molto forte;  mercoledì a Tiro; venerdì a Baalbek; sabato a Bint Jbeil; domenica a Hermel nell'est della Bekaa.

Egli ha anche domandato ai musulmani nel mondo di fare dimostrazioni contro il film che, secondo lui è "il peggior attacco mai avuto contro l'islam, peggio dei Versi satanici di Salman Rushdie, del rogo del Corano in Afghanistan e delle vignette su Maometto [pubblicate] sui media europei".

Proprio alcuni giorni fa, gli Stati Uniti hanno varato alcune sanzioni contro Nasrallah e altri due leader Hezbollah per il loro appoggio a Bashar el Assad. Dal 2001 gli Usa considerano gli Hezbollah un gruppo terrorista.

In Libano, in questi giorni di visita del pontefice non vi sono state manifestazioni contro il film eccetto nel nord Libano, a Tripoli, dove la popolazione è in maggioranza sunnita.

Ma le proteste contro il film blasfemo si stanno diffondendo in molta parte del mondo islamico, sostenute dai musulmani più fondamentalisti. Stamane circa 1000 persone hanno dimostrato a Kabul (Afghanistan). Ieri una manifestazione a Karachi (Pakistan) si è conclusa con scontri fra polizia e dimostranti, in cui uno di essi è morto.

La maggioranza dei governi del mondo islamico, pur condannando il film, prendono però le distanze dalle violenze seguite e dalle manifestazioni, primo fra tutti la Libia, dove nella notte dell'11 settembre è stato attaccato il consolato Usa di Bengasi ed è stato ucciso l'ambasciatore Chris Stevens e tre persone dello staff.

Ieri, in una trasmissione negli Usa, il capo dell'Assemblea nazionale libica, Mohammed Magarief ha spiegato che il suo governo ha arrestato 50 persone legate all'assalto al consolato.  Magarief ha detto che alcuni degli arrestati non sono libici e che sono collegati ad al Qaeda, provenienti dal Mali e dall'Algeria. Egli ha definito gli altri fermati dei "simpatizzanti di al Qaeda".

Ma Fawzi Abdel A'al, ministro libico degli interni, ha spiegato da parte sua che solo quattro persone sono arrestate; le altre - circa 50 - sono fermate solo per essere interrogate.

Secondo Magarief, l'attacco al consolato è stato programmato alcuni mesi prima da "stranieri" ed è stata sfruttata la manifestazione contro il film blasfemo per attaccare l'obbiettivo.

Al contrario, Susan Rice, ambasciatore Usa presso l'Onu, ha spiegato ieri che le informazioni preliminari del governo indicano che l'attacco al consolato non era pianificato.