Mumbai (AsiaNews/Agenzie) - Almeno 50 milioni di persone in India hanno aderito allo sciopero nazionale di oggi, indetto da partiti dell'opposizione e sindacati per protestare contro l'apertura del mercato al dettaglio ai grandi supermercati stranieri. Scuole, negozi e uffici sono stati chiusi in diverse zone del Paese, e i servizi di trasporto pubblico sono stati sospesi o bloccati dalla popolazione stessa. L'adesione maggiore si registra negli Stati guidati dal Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù e leader dell'opposizione): a Bangalore (Karnataka), le sedi di grandi multinazionali straniere come l'Ibm hanno deciso di restare chiuse per l'intera giornata. Al di là dei disagi causati dai vari disservizi, per il momento la serrata è di natura pacifica.
Il primo ministro Manmohan Singh ha annunciato la contestata riforma il 14 settembre scorso. Essa prevede di accordare il 51% di investimenti esteri diretti alle grandi catene internazionali di supermercati multimarca (Carrefour, Wallmart), e il 100% ai monomarca (Nokia, Reebok). Per il premier, il provvedimento darà nuova linfa all'economia del Paese, che nell'ultimo anno ha registrato un calo nella crescita.
Secondo l'opposizione invece, la riforma colpirà in modo diretto i piccoli rivenditori del Paese, che con l'ingresso delle grandi catene straniere saranno costretti a chiudere. Un negoziante di New Delhi spiega: "Questi supermercati possono vendere prodotti a prezzo di costo. Ciò significa che tanta gente perderà il posto". In India, il mercato al dettaglio dà lavoro a più di 40 milioni di persone. Oltre il 90% degli scambi commerciali interni avviene proprio attraverso i piccoli rivenditori locali.
Oltre all'opposizione, anche alcuni alleati del governo Upa (United Progressive Alliance) sono contrari alla riforma del mercato al dettaglio. Su tutti, il Trinamool Congress di Mamata Banerjee (anche chief minister del West Bengal): se il provvedimento dovesse andare in porto, la leader politica ha annunciato il ritiro del partito dal governo e le dimissioni di sei suoi ministri entro domani. Tuttavia, anche se la Banjeree dovesse mantenere la promessa, l'esecutivo di Singh non rischia (ancora) una crisi.