Tensioni e scontri per la Giornata contro il film anti-islam
di Paul Dakiki
In Pakistan รจ iniziata la "Giornata di amore per il profeta". Violenze a Nowshera. Ieri scontri con la polizia a Islamabad, con 50 feriti. Chiuse ambasciate Usa e della Francia in molti Paesi. Bloccato il video del film blasfemo. Gruppi cristiani, musulmani e politici domandano all'Onu direttive internazionali contro la diffamazione delle religioni.

Beirut (AsiaNews) - In molti Paesi a maggioranza islamica, questo venerdì di preghiera rischia di trasformarsi in un giorno di violenza. Lo scandalo causato dalla diffusione del film americano su Maometto e dalle vignette su Charlie Hebdo in Francia, rischia di essere una base da sfruttare per elementi estremisti. Molte sedi diplomatiche di Stati Uniti e Francia sono state chiuse per timori di attacchi simili a quello che ha portato alla morte dell'ambasciatore Usa in Libia, Chris Stevens. Finora, a causa del film blasfemo sono state uccise 30 persone.

In Pakistan il governo ha stabilito che oggi sia un giorno di vacanza, e ha dato il via a una "Giornata di amore per il profeta" in cui vi siano manifestazioni pacifiche. Cortei si sono sviluppati a Muzaffarabad, Rawalpindi, Nowshera, Jacobabad e altre città. Ma già dalle prime ore si registrano violenze contro alcuni edifici del governo a Nowshera. Ieri a Islamabad un posto di polizia è stato incendiato e vi sono stati 50 feriti. Oggi magazzini, negozi e mercati sono chiusi e in 15 città il governo ha bloccato l'uso di telefoni cellulari.

Per ora non si segnalano violenze in Malaysia e Indonesia, ma le ambasciate Usa di Kuala Lumpur e Jakarta sono state chiuse.

Ieri vi sono state dimostrazioni a Kabul (Afghanistan) e a Teheran. A Zaria (nord Nigeria), migliaia di musulmani hanno manifestato e bruciato bandiere americane e israeliane.

Molti governi cercano di frenare la diffusione del film o meglio del trailer di circa 15 minuti postato su Youtube. Pakistan e Sudan hanno bloccato l'accesso a film. Google (proprietaria di Youtube), da parte sua ha ristretto l'accesso al film in Egitto, Libia, Malaysia e Indonesia.

Nel clima di tensione che cresce, il segretario Onu Ban Ki-moon ha dichiarato ai giornalisti che "la libertà di espressione, che è un diritto fondamentale e un privilegio, non deve essere utilizzato in modo abusivo da un atto scandaloso e vergognoso" come il film anti-islam.

In diversi Paesi si raccolgono consensi perché l'Onu vari una direttiva che proibisca l'offesa ai simboli religiosi dell'islam e di tutte le religioni. In Libano la proposta ha trovato d'accordo il movimento 14 Marzo (cristiani e sunniti) e la coalizione 8 Marzo (cristiani, Hezbollah e drusi). D'accordo pure il gruppo di politici greco-ortodossi. Anche il patriarca maronita Bechara Rai suggerisce all'Onu di varare una legge contro la diffamazione delle religioni, per la salvaguardia dell'armonia fra le confessioni.

Una domanda simile è stata espressa da varie organizzazioni islamiche. Alcuni vescovi anglicani del Nord Africa hanno scritto una lettera aperta a Ban Ki-moon domandando direttive internazionali che "mettano fuori legge l'insulto intenzionale deliberato e la diffamazione di persone (come i profeti), simboli, testi e espressioni di fede considerati sacri da credenti".