Ministro indiano: I bagni sono più importanti dei templi
di Nirmala Carvalho
Jairam Ramesh, a capo del dicastero per lo Sviluppo rurale, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione su igiene e sanità. Immediate le proteste dei nazionalisti indù: “Insulta l’induismo”. Ram Puniyani, intellettuale e attivista, sottolinea che i nazionalisti difendono la religione solo per questioni politiche.

Mumbai (AsiaNews) - In India i bagni sono più importanti dei templi: così Jairam Ramesh, ministro del governo centrale per lo Sviluppo rurale, ha inaugurato lo yatra (pellegrinaggio) che lo porterà nei vari Stati del Paese per promuovere una campagna di sensibilizzazione a favore dei servizi igienico-sanitari. Un'osservazione di buon senso, in una nazione dove solo la metà della popolazione ha un bagno in casa, ma possiede almeno un cellulare. Eppure, sono bastate queste poche parole per scatenare le proteste della Vishwa Hindu Parishad (Vhp) e del Bajrang Dal, gruppi nazionalisti indù, che hanno accusato il politico di "insultare" l'induismo e lo hanno denunciato, esigendo scuse. Ramesh, che pure è di religione indù, ha ignorato le reazioni e ha aggiunto: "Non importa in quanti templi possiamo andare, non otterremo la salvezza. Dobbiamo dare priorità ai servizi igienici e alla pulizia".

Nel lanciare la campagna, infatti, il Ministro ha parlato degli "effetti negativi" della defecazione all'aperto: una pratica molto comune nelle zone rurali e nei quartieri poveri, dove mancano le strutture sanitarie, ma abbondano i luoghi di culto. Sebbene le osservazioni di Ramesh appaiano giuste e motivate, solo l'ong Sulabh International è scesa in campo per sostenerlo. Il portavoce del Congress (partito di governo) si è limitato a dire che "il Congress rispetta tutte le religioni".

"È un vero peccato - spiega ad AsiaNews Ram Puniyani, famoso intellettuale e attivista - che il fulcro del discorso di Ramesh sia stato svilito dai più, e scambiato per un insulto alla religione indù. [Nel parlare di luoghi sacri] il ministro fa riferimento alle ingenti quantità di soldi spesi per costruirli, mentre problemi sociali più pressanti vengono sottovalutati. Che in India il numero dei templi sia preponderante è ovvio". Il punto, sottolinea, "è che mentre il nostro sistema sanitario soffre di gravi mancanze, negli ultimi decenni sono sorti moltissimi templi, piccoli e grandi".

"Pratiche quotidiane - nota Puniyani - come la rottura di una noce di cocco o l'accensione di una lampada, sono considerate una mera routine. Ma quando il tempio è usato in modo generico per attirare l'attenzione su una questione più importante, ecco che la difesa della fede si fa assordante!". Il tempio, aggiunge, diventa "una questione di identità", che movimenti come la Rss "preservano in nome della religione".

"Questa dicotomia tra identità e problemi reali - sottolinea Puniyani - è una questione antica. Jawarlhal Nehru [primo premier dell'India indipendente, ndr] resistette alle pressioni dei conservatori, che volevano riparare lo storico tempio Somnath con le casse dello Stato, per concentrarsi sul problema del pane, delle case, dell'occupazione. Già all'epoca, i nazionalisti replicavano parlando di 'identità' e del problema della 'mucca sacra'".

"Per la maggior parte dei fondamentalisti - osserva - il tempio, o la moschea, o la chiesa, rappresenta una questione politica; mentre i morsi della fame, la mancanza di generi di prima necessità e la violazione dei diritti umani dei più deboli possono essere relegati ai margini". In altre parole, conclude, dalla parte del tempio ci sono i professionisti della politica, in nome della religione. Dalla parte dei bagni, chi si vede negate le strutture fondamentali per sopravvivere, e quanti si battono per essi".