Don Giussani, un padre per la missione
di Bernardo Cervellera

Ho conosciuto don Giussani quando avevo 17 anni. L'incontro con lui è stato l'incontro con un padre che ti introduce nella verità della vita e nell'impegno per il mondo. A quel tempo io vivevo una fede pietista in chiesa e un impegno comunista nel Movimento studentesco, nella tipica schizofrenia del cristianesimo anni '60.

Devo a don Giussani la riscoperta della Chiesa non come regole e sussulti morali, ma come la palpitante presenza di Gesù Cristo vivo ancora oggi. E devo a lui la scoperta tutta nuova che la fede ha a che fare con tutto ciò che l'uomo è e fa, con i suoi bisogni individuali e sociali. Don Giussani ha trasformato la mia innata curiosità in interesse verso il bene del mondo e la mia tiepida fede in passione a proporre la persona di Gesù Cristo come il cuore e il destino del mondo.

Di lì a pochi anni Giovanni Paolo II avrebbe scolpito nella sua prima enciclica il programma della Chiesa per il terzo millennio: Gesù Cristo è il centro del cosmo e della storia. Un programma così simile, anzi identico a quello proposto da don Giussani.

Da tutto questo è nata la mia vocazione missionaria nel PIME. Grazie a don Giussani ho cominciato i primi passi nell'incontro con le chiese perseguitate dell'Europa dell'Est, continuato poi con il Vietnam, la Cambogia, la Cina.

Prima di intraprendere il mio primo viaggio "extraeuropeo" in India e Bangladesh, sono andato a trovarlo. E mi ha detto: "Quando incontri questi popoli chiediti sempre: Chi è l'uomo che mi sta davanti?  E anche : Chi è Gesù Cristo per quest'uomo?".

Nell'avvicinarsi e condividere le altezze e gli abissi delle persone e dei popoli si riscopre in modo nuovo come Cristo è la salvezza di tutti, offerta attraverso la nostra testimonianza. Questo metodo missionario di don Giussani, così in sintonia con il metodo del PIME, ha portato a una pluridecennale collaborazione fra il PIME e CL sui campi della fame, per il Libano, per i profughi vietnamiti e cambogiani, per offrire ai giovani un ideale che non sia solo ideologia o riflusso.

Nel periodo che ho passato in Cina, ad Hong Kong e a Taiwan, quando già era malato, mi ha scritto una volta poche righe: Grazie perché porti per noi la testimonianza della fede fra questi popoli. Vogliamo partecipare in tutti i modi alla tua missione, che è nostra.

In realtà, caro don Giussani, sono io e tutta la Chiesa che ti ringraziamo: grazie alla tua testimonianza siamo più certi della ricchezza che portiamo e del nostro compito in questo terzo millennio.