Una “prigione nera” di Pechino libera centinaia di detenuti. Per accoglierne altri
In un primo momento la notizia della liberazione di “decine di migliaia” di detenuti nelle carceri illegali aveva provocato grande gioia nella società civile cinese. Ma a meno di un giorno è arrivata la smentita: le scarcerazioni (alcune centinaia) servivano solo per fare spazio ai nuovi arrivi.

Pechino (AsiaNews) - Una delle più grandi "prigioni nere" di Pechino ha rilasciato centinaia di cittadini comuni, arrestati senza processo e trattenuti senza alcun diritto per aver cercato di presentare una petizione di protesta al governo centrale cinese. Il rilascio, che in un primo momento sembrava essere un segnale positivo, è invece motivato dalla necessità di "fare spazio" per accogliere altri detenuti.

Secondo alcuni dei rilasciati, la "prigione nera" alla periferia della capitale può contenere fra i 70 e gli 80mila "ospiti". Nella notte del 4 dicembre i guardiani del posto, tutti civili senza alcun incarico di pubblica sicurezza, hanno aperto alcuni degli stanzoni più affollati e hanno permesso l'uscita di diversi detenuti senza alcun motivo apparente. Huang Qi, dissidente che guida il Tainwang Human Rights Centre, aveva parlato di "decine di migliaia di liberazioni", ma in un secondo momento si era dovuto scusare per l'errore.

Ogni anno in Cina milioni di cittadini comuni cercano di raggiungere la capitale per presentare le proprie denunce contro i funzionari comunisti corrotti delle provincie. La procedura è prevista e garantita dalla Costituzione. Tuttavia, temendo questo esercito di lamentele, il governo centrale ha approvato nel corso degli anni una serie di leggi che hanno dato alla pubblica sicurezza il potere di "rapire" e trattenere i questuanti fino a 3 anni, senza processo, nelle cosiddette "prigioni nere".

Come ha scritto il grande dissidente Bao Tong, proprio questa commistione fra potere politico e potere giudiziario ha creato un blackout nel sistema sociale cinese che provoca ogni anno decine di migliaia di proteste sociali. Lo scorso ottobre il governo ha pubblicato una bozza di riforma del settore giudiziario che promette di "rispondere agli abusi" del potere, incluse le molestie contro gli avvocati e il sistema della "rieducazione tramite il lavoro". La riforma è però per ora ancora sulla carta.

Lo scorso 29 novembre un tribunale di Pechino ha condannato un gruppo di 10 uomini che, per conto di un governo locale, avevano gestito per diverso tempo una "prigione nera". I carcerieri sono stati condannati a pene molto lieve - la più dura è stata di 1 anno di detenzione - ma la società civile ha accolto con gioia la sentenza, da molti interpretata come un "cambio di passo" da parte della nuova leadership comunista.