Chiesa ortodossa: nuova eparchia nel Caucaso russo, a maggioranza musulmano
di Nina Achmatova
Il Santo Sinodo ha istituito la nuova diocesi di Makhachkala e Grozny che comprende le repubbliche di Daghestan, Inguscezia e Cecenia, teatro ancora di attentati e degli scontri tra forze federali e gruppi fondamentalisti. Analisti: così il Patriarca vuole rimodellare la struttura della Chiesa sulla base delle sfide sociali e politiche della Federazione.

Mosca (AsiaNews/Agenzie) - La Chiesa russo-ortodossa ha deciso di formare una nuova eparchia (diocesi) che si occuperà dei cristiani in una delle zone più delicate della Federazione, le repubbliche caucasiche a maggioranza islamica di Daghestan, Inguscezia e Cecenia. Lo ha deciso il Santo Sinodo a fine dicembre, mediante Vladimir Legoida, portavoce del Patriarcato di Mosca. La sede della nuova diocesi sarà a Makhachkala, capoluogo della repubblica del Daghestan - teatro di attentati e scontri tra forze federali e gruppi fondamentalisti islamici. A guidarla è stato nominato l'abate Varlaam, del monastero della Trasfigurazione di Murom, nella diocesi di Vladimir, non lontano da Mosca. Varlaam sarà il promo "arcivescovo di Makhachkala e Grozny". Finora le tre repubbliche del Caucaso settentrionale ricadevano sotto la giurisdizione dell'eparchia di Vladikavkaz, Ossezia del nord.

Secondo gli analisti si tratta di una grande sfida per la Chiesa russo-ortodossa. Inguscezia e Daghestan sono al centro di una violenta rivolta messa in atto da gruppi di estremisti islamici nella regione. Dopo anni di guerra, invece, la Cecenia è apparentemente pacificata ma sporadici attentati avvengono ancora e i problemi della disuguaglianza sociale e del fondamentalismo religioso non sono affatto risolti.

Roman Lunkin, analista dello European Center of the Academy of Sciences, al The Moscow Times fa notare che la decisione del Santo Sinodo rientra nella politica del Patriarca Kirill di rimodellare l'assetto della Chiesa sulla base delle sfide sociali e politiche nel Paese. Portare un vescovo nel cuore di un territorio tradizionalmente musulmano - sostiene l'analista - rappresenta non solo una grande sfida, ma anche un grande rischio per la Chiesa russa, che "ora potrebbe cadere facile vittima di accuse di proselitismo".