Attivista birmano: dramma Kachin, gli interessi economici più forti della pace
di Francis Khoo Thwe
Tint Swe, leader Ndl in esilio, parla con AsiaNews e punta il dito contro le potenze che “complicano” una conciliazione fra esercito e minoranza etnica. Egli difende il ruolo di Aung San Suu Kyi, che “si è offerta” di collaborare per risolvere la crisi; una offerta mai raccolta dal governo. Il ruolo chiave della Cina, in prima fila nello sfruttamento economico e commerciale dell’area.

Yangon (AsiaNews) - Il conflitto fra esercito governativo e ribelli Kachin, nell'omonimo Stato a nord del Myanmar, è figlio degli interessi "diretti e indiretti" sia delle nazioni confinanti che delle altre potenze mondiali. Un coinvolgimento che "scontenta profondamente" la popolazione birmana, perché coinvolge Stati che in passato "hanno sostenuto la giunta militare [un tempo al potere] in tutti i forum internazionali" e che ora sono "buoni amici del nuovo esecutivo". È quanto afferma ad AsiaNews Tint Swe, presidente del Burma Center Delhi (Bcd) ed ex parlamentare in esilio (in India, dove vive tuttora) della Lega nazionale per la democrazia (Nld). Egli sottolinea che "il coinvolgimento esterno" rende ancora più "complicato" il processo di pace, mentre la popolazione civile "cerca amici sinceri", che lavorino "da fuori per raggiungere la pace nello Stato Kachin".

Esponente di primo piano della diaspora birmana, fuggito dal Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Nld e mai riconosciute dalla dittatura militare, Tint Swe sottolinea la mancanza di "pressioni diplomatiche" sul governo cosiddetto riformista del presidente Thein Sein. Egli ricorda che solo il governo statunitense ha preso posizione sulle violenze contro la minoranza etnica, vittima di raid aerei e di una massiccia operazione di terra volta a stroncarne la resistenza. Attacchi che hanno causato diverse vittime civili, tra i quali tre giovani fra gli 11 e i 13 anni morti ieri, e decine di migliaia di sfollati.

Sul dramma dei Kachin si gioca al contempo una difficile partita politica interna, che ruota attorno alla leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi. Una parte della società civile critica la posizione di "non ingerenza" tenuta dalla Nobel per la pace. Un atteggiamento che Tint Swe definisce "saldo" e coerente, perché "fin da subito ha dichiarato di voler contribuire alla risoluzione dei problemi". Un'offerta subito raccolta dai leader Kachin, ma fatta passare "sotto silenzio" dal governo; e i media internazionali "hanno sbagliato nel raccontare in modo sommario la vicenda", dando peso solo alle ultime dichiarazioni. "Solo dall'esterno ci si pone dei dubbi su di lei - aggiunge l'attivista - [...] ma potrebbe intervenire a tempo debito".

Per capire, almeno in parte, i motivi di tensione analisti ed esperti di politica birmana guardano a Pechino; la Cina, infatti, muoverebbe da "dietro le quinte" per difendere i propri interessi in una nazione che si è aperta, negli ultimi mesi, in maniera progressiva al fronte Occidentale, e agli Stati Uniti in particolare. "Gli interessi della Cina in Myanmar, e in particolare nello Stato Kachin, sono evidenti" conferma il leader Nld in esilio, anche si non vi sono "prove concrete" di un coinvolgimento "diretto" nel conflitto. Tuttavia, è lecito affermare che "la Cina ha una profonda influenza" in questa "infelice guerra interna". In particolare, la presenza di Pechino non è tanto visibile nella fornitura di armi - le quali provengono invece da Russia, India e altri "amici" dell'area - quanto piuttosto nello sfruttamento economico e commerciale di "preziosi e beni di lusso", fra i quali "gemme e pietre".

A dispetto della guerra, aggiunge Swe, giorno e notte una lunga fila di camion attraversa i confini - nei due sensi - fra Cina e Myanmar, ed è proprio nello Stato Kachin che Pechino ha individuato la base e il centro nevralgico dei propri interessi commerciali. E in questo caso, né il governo né i ribelli Kachin possono intervenire per "arrestare" il flusso di ricchezze - fra cui vi è pure legname pregiato - che viaggia oltreconfine. Vi è un problema di fondo che riguarda i rapporti fra il centro e la periferia, fra i birmani e le minoranze etniche, fra l'ala dura militare e i movimenti riformisti e finora il Parlamento a Naypyidaw non ha portato modifiche sostanziali alla vita del Paese.