Uri Avneri: Elezioni israeliane noiose, indecise, senza speranza per la pace
di Uri Avneri
Il grande statista e pacifista fa un'analisi realista e spietata dell'appuntamento elettorale di domani. Egli spinge gli indecisi a votare per evitare un destino di apartheid allo Stato di Israele, a cui lo stanno spingendo Netanyahu e Lieberman, senza alcuna resistenza da parte degli altri partiti. La pace coi palestinesi esclusa da tutti i programmi elettorali.

Gerusalemme (AsiaNews) -  A 24 ore dalle elezioni politiche in Israele, vi è ancora molta indecisione per chi votare.  Le 34 liste presenti alla competizione cercano si strappare consensi all'ultima ora, attirando il 15% di indecisi. Fra i più favoriti vi sono le liste di estrema destra e soprattutto quella dell'alleanza fra Likud e Yisrael Beiteinu, di Benjiamin Netanyahu e di Avigdor Lieberman, che promette migliorie nell'economia, più insediamenti ai coloni, lotta contro l'Iran.

Secondo la maggior parte degli analisti, la presente campagna elettorale è una fra "le più noiose" della storia di Israele, senza grandi novità e senza nuove facce.

Un'altra caratteristica di questa tornata elettorale è il carattere "sionista" della maggior parte delle liste, poco attento all'elettorato arabo israeliano e ai diritti dei palestinesi. Hanan Ashrawi,  del Comitato esecutivo dell'Olp, in un suo commento su Haaretz, fa notare che "Quasi ogni singolo partito sionista ha promesso di continuare la politica dell'espansione coloniale, di rafforzare l'isolamento della Gerusalemme est occupata dal resto della Palestina e di focalizzarsi sull'amministrazione dell'occupazione, piuttosto che sul fare la pace. La maggior parte dei partiti politici israeliani ha semplicemente scelto di ignorare il fatto che essi negano in modo sistematico i più basilari diritti umani del popolo palestinese".

Per comprendere l'impaccio in cui vive la popolazione israeliana e la posta in gioco,  pubblichiamo un commento dello statista Uri Avneri, fondatore del movimento pacifista Gush Shalom, pubblicato due giorni fa sul sito dell'organizzazione, dal titolo: "Per chi votare?" (trad. italiana a cura di AsiaNews).

 

Le elezioni si terranno fra tre giorni ed esse sono noiose, noiose, noiose. Così noiose che persino pensare alla loro noiosità è noioso. Per mancanza di qualunque discussione su qualche tema, i media si riducono a discutere delle trasmissioni elettorali. Alcune sono buone, altre indifferenti, altre atroci. Come se ci fosse un concorso fra tuttologi, copywriter, strateghi ecc..,  mentre il pubblico sta a guardare.

Ogni volta che incontro persone, mi sento dire con preoccupazione: "Non so per chi votare! Non c'è nessun partito che mi piaccia davvero!" e poi la domanda che io temo: "Per chi mi consiglia di votare?".

Ho seguito da vicino le ultime 18 elezioni alla Knesset, meno la prima, quando ero ancora un soldato. In molte di esse sono stato io stesso un candidato. Ho sempre scritto sulle mie preferenze, ma non ho mai detto ai miei lettori cosa votare. E anche questa volta seguirò la stessa regola.

Prima di tutto, c'è un imperativo assoluto di votare, più che mai. Non è qualcosa legato alla "festa della democrazia", al "dovere civile", bla-bla-bla. Questa volta è una necessità vitale. Non votare significa semplicemente  votare per Benjamin Netanyahu e i suoi alleati. Come appare adesso, più di metà dei membri della Knesset apparterranno all'estrema destra e oltre, una dozzina di loro [essendo] onesti, buoni fascisti. Non votare significa rafforzarli ancora di più.

Questo vale soprattutto per i cittadini arabi. Le proiezioni prevedono che quasi metà di loro non andranno a votare per nulla. Le ragioni sono molte: una protesta diffusa contro lo Stato "ebraico"; protesta contro la discriminazione; sfiducia su qualche cambiamento; disapprovazione verso i partiti "arabi" e altro. Tutte buone ragioni.

Ma astenersi significa che i cittadini arabi stanno autopunendosi. Se la loro situazione ora è brutta, essa può divenire ancora peggiore: la Corte suprema, che di solito li protegge, ora brilla di impotenza; le leggi discriminatorie continuano a proliferare. Alcuni dell'estrema destra vogliono privarli del diritto di voto. Perché garantire volentieri questo loro desiderio?

Procediamo con le scelte. Il mio metodo è di elencare le liste in competizione senza un ordine preciso. E poi cancello subito quelli per cui non voto, se la mia vita dipendesse da questo. E questa è la parte facile.

Prima di tutto vi è il Likud-Beitenu. Il Likud da solo era già male. L'aggiunta di Avigdor Lieberman dell'Yisraeli Beitenu rende la cosa ancora più distruttiva. Sono d'accordo con il presidente Barack Obama, che Netanyahu ci sta portando verso un sicuro disastro. Il suo totale rifiuto della pace, l'ossessione con le colonie, l'approfondimento dell'occupazione sta trasformando Israele (proprio Israele, non solo i territori occupati) in modo inesorabile in uno Stato razzista (apartheid). Già nella scorsa Knesset sono passate abominevoli leggi antidemocratiche. Ora che il Likud è stato purgato dei membri moderati, tale processo sarà accelerato. Con Lieberman e i suoi accoliti che si uniscono al ikud, le cose sembrano ancora più pericolose. Netanyahu dovrà atteggiarsi ed agire in modo ancora più estremo per paura di perdere la leadership e passarla a Lieberman, che è il numero 2. Quasi senz'altro, Lieberman riuscirà a rimpiazzarlo in qualche momento del cammino.

L'emergere di Naftali Bennett come la star delle elezioni rende le cose ancora più disperate. Sembra quasi una regola dell'estrema destra israeliana: nessuno è così estremo da non trovare qualcun altro ancora più estremo.

Il secondo gruppo da cancellare è quello religioso. Esso consiste principalmente di due gruppi: Il "Torah ebraica" askenazi e lo Shas sefardita. Una volta erano abbastanza moderati in tema di pace e guerra. Ma quei giorni sono lontani. Un'educazione ristretta, etnocentrica, xenofobica durate per generazioni, ha fatto crescere una rabbiosa leadership nazionalista di destra. Anche Bennett è cresciuto in questo ambiente.

Come se non fosse abbastanza, questi partiti vogliono imporre su tutti noi le Halacha ebraiche [le leggi religiose-ndr], allo stesso modo in cui i loro corrispettivi musulmani vogliono imporre la Sharia. Essi si oppongono quasi in modo automatico a ogni idea progressista, quale una costituzione scritta, separazione fra sinagoga e Stato, matrimonio civile, matrimonio fra persone dello stesso sesso,  aborto, ecc.. Cancellare.

Di calibro differente i sedicenti partiti di "centro".

Il più vasto è il Labour Party, con Shelly Yachimovich, che ora sta al 15%. Devo confessare che Shelly non mi è mai piaciuta, ma questo non deve influenzare il mio voto. Essa può (e senz'altro deve) mostrare orgogliosa alcuni risultati. Ha preso un partito moribondo e lo ha trasformato in qualcosa di vivo. Ha anche trovato nuovi e interessanti candidati.

Il problema è che lei ha aiutato a cancellare la pace dall'agenda nazionale. Ha fatto aperture ai coloni e ai loro alleati. Sebbene abbia sostenuto a parole la "soluzione per i due Stati", non ha fatto assolutamente nulla per promuoverla. La sua sola preoccupazione è ciò che lei stessa chiama "giustizia sociale". Ha promesso di non unirsi a un governo di Netanyahu-Lieberman. L'esperienza ci insegna a non prendere troppo sul serio queste promesse pre-elettorali - ci sarà sempre una "emergenza nazionale" in agguato dietro l'angolo -  ma perfino come capo dell'opposizione, una negatrice della pace può fare un sacco di danni. Mi spiace, non fa per me.

La principale concorrente di Shelly è Tzipi. In apparenza, la Livni è l'esatto opposto. La sua piattaforma elettorale si basa unicamente sulla ripresa dei negoziati con Mahmoud Abbas. Bello, ma Tzipi e il suo ex capo, Ehud Olmert, sono stati al potere per quattro anni, durante i quali hanno cominciato due guerre (Libano II e Piombo fuso) e non sono mai andati nemmeno vicino alla pace. Perché crederle adesso?

Non ho mai sentito Tzipi esprimere una singola parola di simpatia o compassione verso il popolo palestinese. Il mio sospetto è che essa è interessata più a un processo di pace senza fine, che alla pace in sé.

Un attore interessante è Ya'ir Lapid. Per che cosa combatte? Beh, appare in gran forma. É stato una personalità della tivu, è bravo alla tivu, l'unico campo di battaglia di queste elezioni. Il suo programma è pari a quello americano di "patria e torta di mele". Mi ricorda Groucho Marx: "Questi sono i miei principi. Ma se non le piacciono, ne ho anche altri". Per me, se lo paragoniamo a suo padre,  egli è "Lapid Light". Suo padre defunto, Tommy Lapid, anche lui proveniva dalla tivu, ed è entrato in politica. Lapid padre era un attore un po' più complicato: molto piacevole nei contatti personali, molto offensivo alla televisione; di estrema destra negli affari nazionali; nemico estremo del campo religioso. Suo figlio implora soltanto: Votate per me perché io sono un bel ragazzo. E non nasconde il suo desiderio di divenire ministro sotto Netanyahu. Spiacente, non fa per me.

Se ignoriamo le liste arabe, non interessate al voto ebraico, e quelle che non si aspettano di superare il 2% [la soglia per entrare in parlamento - ndr], rimangono solo due candidati nell'elenco: Hadash e Meretz.

Entrambe sono vicine a ciò in cui credo: esse sono impegnate in modo attivo nella lotta per la pace con il popolo palestinese e per la giustizia sociale.

Come scegliere?

Hadash in pratica è il volto pubblico del Partito comunista. È questo un impedimento? Non sono mai stato un comunista, e nemmeno un marxista. Mi definirei un social-democratico. Ho molti ricordi riguardo al Partito comunista, alcuni positivi, molti altri negativi. Non è facile per me perdonare la loro passata ortodossia stalinista. Ma non è questo il punto. Non stiamo votando per il passato, ma per il futuro.

Hadash, a suo vantaggio, si definisce come un partito arabo-ebraico - l'unico (dato che il partito che io ho aiutato a fondare nel 1984 si è spento a poco a poco dopo 8 anni ed è scomparso). Comunque, per la vasta maggioranza di israeliani, esso è un "partito arabo" perché più del 95% dei suoi elettori sono arabi. Esso ha un  membro ebraico alla Knesset, molto attivo e lodevole: Dov Hanin. Se egli avesse capeggiato una lista per conto suo, avrebbe potuto attrarre molti voti dei giovani e avrebbe cambiato il paesaggio elettorale.

Alla fine, senza molto entusiasmo, io preferisco il Meretz.

C'è qualcosa di vecchio e consunto in questo partito, fondato nel 1973. Esso dice tutte le cose giuste sulla pace, la giustizia sociale, la democrazia e i diritti umani. Ma le dice con una voce stanca. Non vi sono nuove facce, nessuna nuova idea, nessun nuovo slogan.

Un gran numero di intellettuali, scrittori e artisti si sono dichiarati per il Meretz (il partito ha curato molto che non ci fossero candidati di sinistra che non avessero anche  credenziali "sioniste"). Ma , come un ministro del Labour ha detto tempo fa sugli intellettuali, "essi non riempiono nemmeno metà di un campo profughi".

Nonostante ciò, esso rimane la scelta migliore in queste circostanze. Un aumento significativo della loro presenza alla Knesset sarebbe un'incoraggiante speranza per il futuro.

Ed è il futuro che conta. Il giorno dopo queste disastrose elezioni, deve cominciare lo sforzo per creare un panorama diverso. Non dovremmo mai più essere costretti a questi dilemmi.

Speriamo che la prossima volta - che potrebbe essere molto presto - abbiamo la possibilità di votare con entusiasmo per un partito dinamico che incarna le nostre convinzioni e le nostre speranze.