Madre di Rizana Nafeek: Non voglio soldi, ma protezione per tutti i migranti come mia figlia
di Melani Manel Perera
La donna ha rifiutato ogni aiuto economico giunto dopo l’esecuzione della ragazza, condannata a morte in Arabia Saudita nel 2007. Nel Paese Chiesa e società civile organizzano petizioni e una raccolta-firme per chiedere allo Sri Lanka leggi che proteggano i lavoratori migranti.

Colombo (AsiaNews) - La madre di Rizana Nafeek, la giovane musulmana srilankese giustiziata in Arabia Saudita per il presunto omicidio di un neonato, ha rifiutato ogni aiuto economico offertole dopo la morte della figlia. Al suo posto, Seeiadu Ahammaddu Rezeena chiede "un programma di aiuto e assistenza per tutte le donne e le famiglie povere che vivono nelle aree rurali", come la sua. Altrimenti "in futuro altre donne dello Sri Lanka si ritroveranno in una situazione orribile come quella di Rizana". A sostenere la battaglia di questa madre vi sono Chiesa e società civile, che hanno organizzato una raccolta di firme a Muttur - città natale di Rizana - per chiedere al governo di creare delle leggi che regolino i trasferimenti dei lavoratori migranti.

Presente alla raccolta firme, p. Nandana Mantunga, direttore dell'Ufficio diritti umani della diocesi di Kandy (Central Province), ha definito quanto accaduto a Rizana "crudele e disumano", condannando l'Arabia Saudita "per aver violato non solo i diritti internazionali del bambino [la srilankese era minorenne all'epoca dei fatti, ndr], ma anche gli standard minimi di un regolare processo". Il sacerdote però accusa anche lo Sri Lanka, che "all'inizio della vicenda ha rifiutato di fornire assistenza alla ragazza, parandosi dietro una 'politica di non-intervento' per quei cittadini incriminati in altri Paesi".

L'iniziativa lanciata a Muttur non è l'unica nel suo genere. In effetti, la Law and Society Trust (Lst) di Colombo ha organizzato un'analoga petizione, con la quale chiede al governo dello Sri Lanka di promulgare - e migliorare laddove esistenti - leggi e politiche sulle migrazioni per lavoro, che garantiscano adeguata protezione per tutti i lavoratori migranti, donne in particolare, secondo la Convenzione Onu sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Lo Sri Lanka ha ratificato questo accordo nel 1995.