Patriarca di Gerusalemme: il nuovo governo israeliano non deve dimenticare la Palestina
di Christophe Lafontaine
Mons. Fouad Twal auspica che l’alleanza fra Netanyahu e Lapid possa segnare un “vero progresso” per il Paese. Malgrado il boicottaggio islamista, fattori positivi anche dal voto ad Amman. Un ringraziamento alla Giordania, vicina ai profughi cristiani, e un appello per la fine del conflitto in Siria.

Gerusalemme (AsiaNews) - Le elezioni politiche israeliane del 22 gennaio scorso hanno indebolito il premier uscente Benjamin Netanyahu, che ieri ha dovuto allungare la mano al leader centrista Yair Lapid, promettendogli maggiore attenzione alla sfera sociale. Egli dovrà forse al contempo garantire più concessioni sulla questione palestinese. A loro volta, i giordani hanno votato il giorno successivo, 23 gennaio, per scegliere i membri di un Parlamento che potrà arrogarsi in futuro maggiori poteri. Sarà infatti la nuova Assemblea a scegliere il Primo Ministro e a gestire le questioni politiche di base, entrambe prerogative concesse - fino al recente passato - al re Abdullah II. Di contro, resteranno sotto il controllo del monarca la politica estera e la sicurezza interna. Oggi, intanto, dovrebbero essere diffusi i primi risultati della tornata elettorale.

Di tutti questi aspetti e delle prospettive per la Terra Santa ha parlato il Patriarca Latino di Gerusalemme, l'arcivescovo Fouad Twal, in un'intervista pubblicata sul sito del Patriarcato (clicca qui per accedere al sito). Ecco, di seguito, l'intervista a mons. Twal:

Come giudica i risultati delle elezioni in Israele?
Prima di tutto vorrei sottolineare un principio. Rispettiamo in pieno la libertà del popolo israeliano di scegliere i leader politici in cui credono, affidando loro la guida del Paese. Speriamo che l'alleanza già anticipata tra il Likud-Beiteinu (di destra) capeggiato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu e il nuovo movimento centrista Yesh Atid di Yair Lapid, sia in tutta franchezza davvero un passo in avanti verso una maggiore intesa, verso una soluzione di pace che tutti noi aspettiamo. Auspichiamo davvero che questo sia un vero progresso.  

Quale messaggio desidera inviare ai nuovi dirigenti israeliani?
Desidero che vi siano leader, eletti in base al loro programma, che prendano in considerazione due aspetti della realtà che non dovranno né evitare, tantomeno omettere. Da un lato, ricordo che esiste uno Stato che si chiama Palestina e, dall'altro, che vi è un popolo palestinese. All'inizio di questo nuovo anno, ripeto il nostro auspicio e le nostre preghiere per una vera pace, che sia figlia della giustizia e del rispetto reciproco.

Patriarca, le elezioni in Giordania rappresentano un test per il regime?
Abbiamo sempre detto che il regime giordano ha avviato delle riforme prima e durante la Primavera araba. Esso ha saputo contenere le manifestazioni, che avrebbero potuto degenerare e volgere al peggio. È vero che i Fratelli musulmani hanno boicottato queste elezioni, con lo scopo chiaro e netto di far cadere il regime. Malgrado questo boicottaggio dell'opposizione islamista, più della metà degli elettori giordani si sono recati alle urne, consapevoli dei lori diritti e dei loro doveri.
Per queste elezioni politiche si stima un tasso di affluenza del 56,5%, su un totale di 2,3 milioni di aventi diritto. Si tratta di cittadini che hanno a cuore il bene supremo del loro Paese. È mia concreta speranza che i Fratelli musulmani possa ripensare le loro politiche e, prendendo la direzione giusta, si assumano anch'essi le loro responsabilità. Devo dire che ammiriamo con sincerità la pazienza del re, che non smette mai di ascoltare e affrontare il malcontento.

Nel contesto della regione, segnata da problemi sociali ed economici, come potrà la Giordania continuare a far fronte all'arrivo dei profughi siriani?
Migliaia di siriani stanno arrivando nel Paese e bisogna dire che la Giordania deve fronteggiare carenze in tema di elettricità, acqua potabile e carburante. Il costo della vita cresce sempre più. La nazione accoglie sempre più rifugiati che, dal nord, cominciano a muoversi verso il sud. Alcuni sono portatori di conoscenza e costituiscono una forza lavoro assai utile, ma molti altri sono feriti, stanchi e malati.
Voglio rivolgere una parola di ringraziamento all'esercito giordano, che ha messo a disposizione dei rifugiati tutte le infrastrutture a disposizione per accogliere questa massa di sfortunati. La situazione in Siria è per noi fonte di afflizione e, in una lettera di solidarietà scritta questa mattina (AsiaNews la pubblicherà domani, ndr) lancio un appello a tutti gli uomini di buona volontà in seno alla comunità internazionale, perché si dia corso a un sincero dialogo di pace. Ovviamente la mia lettera non potrà fare miracoli, ma voglio esprimere ai siriani, alle comunità religiose, ai sacerdoti e a tutte le persone vicine nello spirito, che operano in pace e carità, la nostra vicinanza spirituale, il nostro sostegno nella preghiera. Noi non siamo affatto estranei alle loro sofferenze, anzi proviamo vera compassione.