Zamboanga (AsiaNews) - Continua nella provincia di Sabah (Borneo) lo scontro fra esercito malaysiano e miliziani islamici dell'"esercito reale di Sulu", costato fino ad ora la vita a 76 persone, militari e guerriglieri. Secondo testimoni locali i corpi di diversi soldati sono stati trovati mutilati. Oggi la polizia malaysiana ha bloccato un contingente dell'esercito filippino e il gruppo di negoziatori, giunto nella zona per cercare una mediazione con i miliziani. Anifah Aman, ministro degli Esteri malese si è giustificato sostenendo che l'esercito malaysiano non può garantire la sicurezza del personale diplomatico e delle scorte armate. Dallo scorso 5 marzo Kuala Lumpur ha ingaggiato diversi scontri a fuoco con i miliziani, che controllano la zona dal 4 febbraio. Nei giorni scorsi Jamalul Kiram III, auto-proclamatosi "sultano filippino" e guida del movimento combattente, si è detto però disponibile a firmare un cessate il fuoco e ad aprire negoziati con l'appoggio del governo del presidente Benino Aquino. A causa dei numerosi militari morti negli scontri (almeno 30) la Malaysia ha deciso di proseguire con linea dura e sta cercando cacciare dai suoi territori l'esercito paramilitare.
P. Sebastiano D'Ambra, missionario del Pontificio istituto missioni estere a Zamboanga (Mindanao) e fondatore di Silsillah, gruppo per il dialogo islamo-cristiano, afferma ad AsiaNews che "la situazione è molto grave e colpisce soprattutto i residenti nella provincia, la maggior parte lavoratori migranti filippini originari di Sulu e Jolo". Al momento sarebbero almeno 500 le famiglie fuggite dai villaggi finiti nel fuoco incrociato dei due eserciti. Essi hanno trovato rifugio nei centri di accoglienza nella parte meridionale dell'isola. Tuttavia, sono oltre 800mila i musulmani filippini residenti nel Sabah e il governo di Manila si sta attrezzando per accogliere un eventuale esodo di massa dalla provincia.
P. D'Ambra spiega che la controversia fra Malaysia e discendenti del sultanato di Jolo e Sulu, antico proprietario del Sabah, dura da secoli. L'area era stata donata ai sultani di Jolo e Sulu dai signori locali per averli difesi nel XVIII secolo dalla colonizzazione degli europei. Nel 1878 un accordo i sultani di Jolo la cededono in affitto a un consorzio britannico che si impegnano a pagare un affitto annuale. Dopo la Seconda guerra mondiale e la fine del colonialismo, la Malaysia en entra ufficialmente in possesso modificando e a partire dal 1963 assume il potere sul Sabah.
Da allora il clan dei Kiram discendenti dei sultani di Jolo ha sempre rivendicato la zona come sua proprietà, coinvolgendo negli anni '80 anche il presidente Marcos, che aveva tentato più volte di recuperare parte dell'isola, ma senza successo. Per il sacerdote sono i recenti accordi fra Moro Islamic Liberaton Front (Milf) e governo filippino ad aver fornito un nuovo pretesto ai musulmani di Sulu per reclamare il Sabah, mettendo a rischio il futuro dei negoziati che ora si muovono con lentezza ed estrema cautela, proprio per evitare uno scontro diplomatico con la Malaysia, grande sponsorizzatrice del dialogo fra ribelli islamici e governo filippino. (S.C.)