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Papa Francesco: la missione innanzitutto, sulla scia di Benedetto
di Bernardo Cervellera
Liturgia più snella, vicinanza a malati e bambini, paramenti semplici. C'è chi mette in contrasto Papa Francesco e Benedetto XVI. Ma vi è una profonda unità fra i due. La "custodia del creato" e l'ecologia umana. L'invito ai potenti di valutare secondo il bene e il male, senza relativismo. Sfrondare la burocrazia per far risaltare la testimonianza e la missione. I dialoghi con il il presidente taiwanese e il ministro iraniano.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Papa Francesco ha iniziato ufficialmente il suo ministero petrino con i riti compiuti oggi davanti alla tomba di san Pietro e nella piazza ripiena all'inverosimile di gente da tutto il mondo. E l'ha iniziato con quel suo modo discreto, affabile e familiare che sta conquistando tutti: paramenti sobri, liturgia snella, fraterna vicinanza con malati e bambini, ricerca del rapporto diretto con le persone. Molti mettono in luce il carattere "pastorale" di questo nuovo ministero petrino e talvolta lo pongono in contrapposizione a quello di Benedetto XVI.
Credo sia un po' insipiente mettere a confronto caratteri personali e farli scontrare come se fossero questioni teologiche, quasi che con papa Francesco la Chiesa debba - come dice qualche media - "voltare pagina".
Non la pensa così lo stesso papa argentino, che ad ogni momento, oggi come pure il giorno della sua elezione, ha elevato il suo primo pensiero al "venerato predecessore".
Del resto, se si rilegge il discorso della messa di inaugurazione di Benedetto XVI e lo si confronta con quello di Francesco appaiono tante similitudini: stesso sentimento di indegnità; stesso grido ("Pregate per me!"); stessa centralità di Cristo; stessa sottolineatura del potere come servizio; perfino stessa preoccupazione "ecologica" alla custodia di se stessi e del creato, che il papa tedesco definiva "i deserti interiori ed esteriori", che l'opera dei cristiani devono risanare.
Benedetto aveva accennato alla questione ecumenica (la rete di Pietro che si è rotta). Francesco non ne ha avuto bisogno: ha potuto scambiare il segno di pace con Bartolomeo I, il patriarca ecumenico di Costantinopoli e con Karekine II, il patriarca armeno. Ma è stato Benedetto XVI che ha riaperto i dialoghi teologici con l'ortodossia, in stallo da anni e ha accresciuto il senso di unità fra oriente e occidente, ispirandosi alla Chiesa prima dello scisma.
Naturalmente, vi sono delle novità, perché la tradizione ecclesiale è un rinnovare continuo a partire dalla continuità del vero. E a voler giudicare dai gesti simbolici di oggi mi sembra importante mettere in luce tre sottolineature:
- 1) Papa Francesco mette in primo piano la "custodia del creato" come compito dei cristiani e dell'umanità. Ma questo non è solo "ecologismo": custodire il creato è possibile custodendo se stessi e la verità, come lui ha ricordato oggi: insomma è necessaria una "ecologia umana", che abbia al centro l'uomo e la sua dignità spirituale (v. Caritas in Veritate, n. 51).
- 2) Nell'appello a custodire il creato rivolto come invito "a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà", vi è un chiaro rimando al bene e al "disegno di Dio", alla legge naturale e alla chiara differenza fra il bene e il male: tutto il contrario del relativismo e della verità decisa "a maggioranza".
- 3) Parlando di san Giuseppe, papa Francesco ha messo in luce che "Dio non desidera una casa costruita dall'uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito": è la preminenza della fede e della testimonianza dei cristiani rispetto a opere e strutture. Questo papa senz'altro snellirà la burocrazia vaticana e le strutture ecclesiastiche, ma lo farà in nome di una maggiore evidenza della missione della Chiesa. Un esempio lo abbiamo ricevuto proprio oggi: dopo la messa di inaugurazione egli ha salutato dignitari politici che avevano partecipato al rito. Superando ogni etichetta, papa Francesco ha abbracciato, salutato, baciato le personalità che gli venivano incontro; ha benedetto alcuni rosari che il presidente cileno ha tirato fuori dalla tasca della sua giacca; ha benedetto una foto con i familiari di un dignitario caraibico. Senza il timore di possibili "conseguenze diplomatiche" con Pechino, si è trattenuto a lungo in dialogo col presidente taiwanese Ma Ying-jeou. E senza preoccuparsi delle opportunità politiche internazionali, si è soffermato a parlare cordialmente con il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi e un dottore coranico sciita.