Esperto indiano: L’India non odia i marò, ma vuole chiarezza
Il ministero indiano degli Interni ha affidato il caso alla National Investigation Agency, che tratta reati contro la sicurezza nazionale. Anup Surendranath, specializzato in diritto costituzionale chiarisce: “Gli indiani non sono ‘arrabbiati’ con i marò, ma si sentono traditi dal comportamento del governo italiano”.

New Delhi (AsiaNews) - La decisione dell'India di affidare il caso dei marò italiani alla National Investigation Agency (Nia) "porterà sicuramente a uno sviluppo positivo della situazione". Lo afferma ad AsiaNews Anup Surendranath, assistente universitario alla facoltà di Legge di New Delhi, secondo il quale la mossa è "un passo nella giusta direzione" per "affermare una volta per tutte la verità, senza pressioni politiche. Nessuno odia i marò, ma c'è bisogno di fare chiarezza".

Il primo aprile scorso il ministero indiano degli Interni ha ordinato il trasferimento del caso alla Nia, agenzia federale creata dal governo centrale dopo gli attentati di Mumbai (2008), per trattare  i reati contro la sicurezza nazionale. La decisione di affidarsi all'agenzia, spiega l'esperto, "nasce dalla volontà di fare chiarezza. È possibile che i risultati presentati dalla polizia del Kerala fossero influenzati da pressioni politiche, quindi si è preferito rimettere tutto nelle mani della Nia, che non è soggetta al controllo di uno Stato ed è indipendente dal contesto politico".

Secondo la prassi prevista, sottolinea Surendranath, "la Nia ripartirà da zero e avvierà indagini completamente nuove. È possibile che voglia esaminare i rapporti stilati dalla polizia del Kerala, ma non si limiteranno a essi". L'obiettivo, sottolinea Surendranath, "è quello di raccogliere nuove prove e formulare delle conclusioni complete e attendibili. Il processo che seguirà si baserà in modo esclusivo su quanto raccolto dall'agenzia".

Intanto, proprio ieri la Corte suprema dell'India ha ritirato l'ordine restrittivo posto su Daniele Mancini, ambasciatore italiano a New Delhi, di fronte all'iniziale rifiuto di Roma di far rientrare i marò al termine della licenza speciale. La decisione di trattenere il diplomatico aveva esacerbato ulteriormente i toni tra i due Paesi, in particolare tra la popolazione. L'esperto conferma "un generale sentimento di insofferenza che serpeggia tra gli indiani. La gente è rimasta turbata per la promessa fatta dall'Italia, poi ritirata, e infine mantenuta. Si è sentita tradita. Questo non giustifica in alcun modo il gesto compiuto contro l'ambasciatore italiano, ma mostra che questa 'rabbia', se così la vogliamo chiamare, nasce dal comportamento del governo italiano. Non è qualcosa contro i due militari".