Hanoi: cinque anni a Peter Doan Van Vuon, eroe della lotta contro gli espropri forzati
La condanna per la “famiglia coraggio” è arrivata, ma è inferiore alle previsioni. Per i familiari maschi pene da due a cinque anni, sospesa l’esecutività della sentenza per le donne. Riconosciuto il “danno all’ordine sociale”. Tuttavia, i giudici non avrebbero infierito per evitare di alimentare tensioni sociali.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Peter Doan Van Vuon , leader della "famiglia coraggio" che ha osato ribellarsi all'esproprio forzato imposto dalle autorità ed è per questo finito a processo per tentato omicidio, dovrà scontare cinque anni di prigione. È una condanna tutto sommato lieve, quella inflitta oggi dal tribunale popolare di Hai Phong, città portuale nel nord-est del Vietnam, al termine di un processo lampo iniziato il 2 aprile scorso. Al contempo, i giudici hanno inflitto pene variabili fra i due e i cinque anni di galera anche ad altri tre parenti maschi dell'uomo. Di contro, il procedimento a carico delle donne si è concluso con condanne lievi e sospese per effetto della condizionale.

Nel pronunciare la sentenza, il giudice Pham Duc Tuyen ha sottolineato che le azioni della famiglia hanno ostacolato "le normali operazioni delle agenzie di Stato" e causato "un danno all'ordine sociale". Nel corso del dibattimento l'imputato e i parenti si erano dichiarati innocenti, affermando di aver agito in preda alla disperazione e che non avevano alcuna intenzione di uccidere. Nonostante la condanna, gli esperti di diritto e di questioni legali in Vietnam spiegano che è più lieve del previsto. I giudici, dietro pressioni governative, non avrebbero usato la mano pesante per evitare di alimentare tensioni sociali e possibili manifestazioni di piazza, in favore di una famiglia che ha acquisito notorietà e consensi nella battaglia a difesa dei diritti.

La vicenda che vede protagonista la famiglia di Doan Vuon è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di scontri fra autorità e cittadini, fra governo e Chiesa cattolica, per il possesso di terreni e la proprietà di edifici o attività commerciali. In questo caso la diatriba ruota attorno ai 40 ettari di terra che Peter ha ottenuto nel 1993 dietro concessione governativa; nel corso degli anni, grazie al suo lavoro, ha trasformato paludi e acquitrini in un'azienda ittica. Nel 2009, quando cominciavano ad arrivare i primi guadagni, le autorità in modo del tutto arbitrario hanno deciso di rivendicare i diritti sulla zona; dopo una lunga battaglia, il 24 novembre 2011 l'amministrazione ha emanato un ultimatum, in cui imponeva alla famiglia di abbandonare terre e attività. 

Invece di piegare il capo all'abuso, Peter e i familiari hanno deciso di reagire: il 5 gennaio 2012 un gruppo di militari si è avvicinato all'area per applicare il decreto di esproprio. I soldati sono stati "accolti" da una selva di colpi: proiettili e bombe a mano che non intendevano uccidere, ma impedire l'accesso all'interno della residenza. Lo scontro non ha fatto registrare morti o feriti; a distanza di qualche giorno, le forze dell'ordine hanno compiuto una nuova irruzione, arrestando i membri della famiglia ora a processo per "omicidio".

La loro strenua difesa ha raccolto la solidarietà di cattolici e non, stupiti dalla determinazione dei Doan Vuon nel difendere il proprio lavoro. Nei giorni scorsi il presidente della Commissione episcopale di "Giustizia e Pace" della Chiesa vietnamita, mons. Paul Nguyen Thai Hop e il vescovo di Hai Phong mons. Joseph Vu Van Thien hanno lanciato una petizione in cui chiedevano il proscioglimento completo degli imputati. In passato persino il premier vietnamita Nguyen Tan Dung ha bollato come "illegale" l'esproprio e promesso di perseguire penalmente i funzionari corrotti responsabili della confisca.