Islamabad: ordine di arresto per Musharraf, nuove ombre sulle elezioni generali
di Jibran Khan
L’Alta corte ha emanato l'ordine in base a un provvedimento di cattura del 2007. Al termine dell’udienza l’ex presidente abbandona l’aula scortato dai suoi uomini. In vista del voto appello della leadership cattolica per una adesione in massa. Vescovo di Islamabad: necessario “battersi per il Paese” e pregare “per la pace”.

Islamabad (AsiaNews) - L'Alta corte di Islamabad ha emesso un mandato di arresto nei confronti dell'ex presidente e generale dell'esercito Pervez Musharraf sulla base di un ordine di cattura approvato dai giudici nel marzo 2007. L'ex leader - rientrato in patria nelle scorse settimane dopo quattro anni di esilio - era presente in aula al momento della lettura del provvedimento. I legali hanno cercato di ottenere un prolungamento della cauzione, mentre la polizia non ha dato seguito al dispositivo permettendogli di abbandonare l'aula subito dopo la sentenza, scortato dai suoi uomini.

Musharraf è coinvolto in una serie di battaglie legali e sta cercando di scampare all'arresto per diversi capi di imputazione, fra i quali vi è anche il tradimento, e procedimenti giudiziari relativi all'assassinio di Benazir Bhutto e di un altro leader tribale nel Balochistan. I talebani pakistani hanno già promesso in diverse occasioni di uccidere l'ex presidente, che ha conquistato il potere nel 1999 con un colpo di Stato.

Secondo quanto stabilito nei giorni scorsi dalla Commissione elettorale, le elezioni generali in Pakistan si terranno il prossimo 11 maggio. Per la prima volta nella storia del Paese, il precedente governo guidato dal presidente Asif Ali Zardari, del Partito popolare pakistano (Ppp) ha potuto portare a termine il mandato seppur fra polemiche e non pochi scandali. Ora si assisterà a un passaggio "democratico" dei poteri, dopo decenni passati di dittature e colpi di mano dei militari.

Sul futuro della tornata elettorale pesano però le minacce di violenze da parte delle frange talebane ed estremiste islamiche. Minacce che si sono concretizzate nelle scorse settimane con l'uccisione di cinque politici in lizza per un posto nel prossimo parlamento. A queste si somma una atmosfera generale nel Paese, in particolare fra i giovani, secondo cui "la Sharia è meglio della democrazia". È quanto è emerso in una recente ricerca, svolta su un campione di 5mila ragazzi fra i 18 e i 29 anni; inoltre, più della metà degli interpellati afferma che "il modello democratico non ha giovato al Paese", mentre per il 94% si sta andando "nella direzione sbagliata" rispetto al 50% di un'analoga indagine del 2007. 

Nel versante cattolico, vi è la candidatura fra le fila per il Partito popolare pakistano del ministro per l'Armonia nazionale Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, massacrato dai fondamentalisti islamici nel marzo 2011 per l'opposizione alle leggi sulla blasfemia. Interpellato da AsiaNews il vescovo di Islamabad/Rawalpindi Rufin Anthony lancia un appello all'elettorato cristiano, perché "partecipi in massa al voto" nonostante le violenze. Il prelato sottolinea il legame profondo con la nazione e la volontà di "battersi per il Paese" della minoranza religiosa unito alla volontà di "pregare per la pace in Pakistan". Gli fa eco p. Francis John, della diocesi di Lahore, che sottolinea la "profonda crisi politica" attraversata dalla nazione e i dubbi su un'amministrazione che "non riesce a impedire" attacchi e violenze che colpiscono anche le minoranze, alle quali è necessario "garantire protezione".