Il papa dei poveri: nell'appartamento del card. Bergoglio a Buenos Aires
di Fady Noun
Il patriarca Rai, in visita pastorale in America Latina, entra nei luoghi dove ha vissuto l'arcivescovo di Buenos Aires, ora papa Francesco. Il crocefisso che il papa abbracciava quando entrava e usciva dalla stanza. In camera niente televisione, né aria condizionata. La cura pastorale per milioni di libanesi emigrati da oltre un secolo in Brasile, Argentina, Messico, Uruguay, Venezuela. La mancanza di vocazioni segna anche le missioni all'estero. Servizio di foto.

Buenos Aires (AsiaNews) - «Un uomo ebbro di Dio»: il titolo della classica biografia di san Charbel, scritta dal p. Paul Daher viene alla mente in modo spontaneo ascoltando coloro che sono stati vicini all'arcivescovo di Buenos Aires, oggi papa Francesco.

Siamo nell'arcivescovado della capitale argentina. Per una speciale concessione, con la guida di vicario episcopale mons. Joaquin Succunza, il patriarca maronita, card. Bechara Rai (v. foto) è autorizzato a visitare i luoghi di vita dell'ex arcivescovo: la camera, la cappella privata e l'ufficio. Di questa esclusiva partecipa anche Télé-Lumière, la televisione cristiana libanese, che filma i luoghi.

Dietro alla scrivania si staglia una fornita biblioteca; la camera dispone dei comfort essenziali: un comune letto, niente televisore, niente aria condizionata; una cappella privata minuscola. Sono questi gli appartamenti dell'arcivescovo di Buenos Aires. E comprendiamo perché il trasferimento a Roma gli è stato faticoso, e perché ha scelto di non risiedere negli appartamenti pontifici, al secondo piano del Palazzo apostolico, restando a vivere nella casa Santa Marta, dalle dimensioni meno magnificenti.

All'entrata della camera, una foto di Teresa di Lisieux accoglie il visitatore. Qui c'è tutto: la "piccola via" scelta da una delle figure di santità più amate nel mondo moderno, è quella che il papa ha scelto per se stesso. Una santità fatta di gesti semplici, un eroismo nascosto.  Appeso la muro vi è un crocifisso su un fondo di velluto, che l'arcivescovo abbracciava uscendo e entrando dalla camera. Sul muro vi è ancora l'orma della mano, dove si appoggiava per baciare l'immagine. Su uno scaffale vi è una statuetta di san Francesco di Assisi: il modello di povertà, di semplicità e di gioia evangelica di questo papa, che quando era arcivescovo si confessava tutte le settimane. Secondo i suoi collaboratori, egli aveva un enorme peso nel cuore quando ha lasciato Buenos Aires per andare al Conclave: come qualcuno che diceva addio, che sapeva che non avrebbe più rivisto il caro luogo in cui si ritirava.

La visita all'appartamento è seguita a quella della cattedrale di Buenos Aires, una delle rare chiese in cui gli asini sono autorizzati ad entrare. Una cosa mai vista: in chiesa troneggia una statua a grandezza naturale di Gesù che entra a Gerusalemme, cavalcando l'umile bestia.

Il patriarca maronita si trova in Argentina per un viaggio pastorale in America latina, dove si trovano molti emigrati di origine libanese. Gran parte di loro sono giunti alla fine del XIX secolo e si sono integrati molto bene. In Brasile si contano oltre 8 milioni di brasiliani di origine orientale: turchi, siriani o del Monte Libano. In Messico, Argentina, Uruguay e, più di recente, Venezuela, esistono delle forti minoranze di origine libanese, in maggioranza cristiani.

In una tre giorni a San Miguel de Tucuman, coi vescovi e i superiori degli ordini religiosi, il patriarca si è incontrato per coordinare il lavoro pastorale locale e studiare la creazione di nuove parrocchie. Ciò richiede la creazione di nuove missioni, un compito un po' complicato perché le vocazioni mancano e perché tutti preferiscono missioni nel mondo anglofono, più facili da tutti i punti di vista.

Nei suoi viaggi, il capo della Chiesa maronita  incontra anche le autorità civili dei Paesi visitati, fare conoscenze, costruire legami. Egli incontra anche i responsabili delle altre Chiese orientali presenti, rafforzando l'ecumenismo e la cooperazione.