Papa: Come Pietro e Paolo, lasciamoci conquistare da Cristo
All'Angelus Francesco sottolinea che quella di oggi è festa per la Chiesa di Roma e per la Chiesa universale. La Chiesa di Pietro e Paolo "è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere dell'Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo". Un saluto al Patriarca ecumenico di Costantinopoli e un'Ave Maria detta insieme ai presenti. Un ricordo per la Chiesa del Centrafrica.

Città del Vaticano (AsiaNews) - "Cari fratelli, che gioia credere in un Dio che è tutto amore, tutto grazia! Questa è la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo". È la conclusione che papa Francesco ha tratto dalla presentazione dei due apostoli che la Chiesa celebra oggi, i santi Pietro e Paolo nella sua riflessione prima dell'Angelus con i fedeli in piazza san Pietro. In precedenza il papa aveva celebrato la messa nella basilica, conferendo il pallio a 34 arcivescovi metropoliti. Alla celebrazione, secondo una tradizione pluridecennale, ha partecipato anche una delegazione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, guidata dal metropolita Ioannis Zioulas.

Il pontefice ha ricordato che quella di oggi è "la festa della Chiesa di Roma, fondata sul martirio di questi due apostoli", ma, ha subito aggiunto "è anche una grande festa per la Chiesa universale, perché tutto il Popolo di Dio è debitore verso di loro per il dono della fede".

"Pietro  - ha spiegato il papa - è stato il primo a confessare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Paolo ha diffuso questo annuncio nel mondo greco-romano. E la Provvidenza ha voluto che tutti e due giungessero qui a Roma e qui versassero il sangue per la fede. Per questo la Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le Chiese sparse nel mondo. Non per il potere dell'Impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo! In fondo, è sempre e soltanto l'amore di Cristo che genera la fede e che manda avanti la Chiesa".

"Pensiamo a Pietro - ha continuato.  Quando confessò la sua fede in Gesù, non lo fece per le sue capacità umane, ma perché era stato conquistato dalla grazia che Gesù sprigionava, dall'amore che sentiva nelle sue parole e vedeva nei suoi gesti: Gesù era l'amore di Dio in persona!

E lo stesso accadde a Paolo, anche se in modo diverso. Paolo da giovane era nemico dei cristiani, e quando Cristo Risorto lo chiamò sulla via di Damasco la sua vita fu trasformata: capì che Gesù non era morto, ma vivo, e amava anche lui, che era suo nemico! Ecco l'esperienza della misericordia, del perdono di Dio in Gesù Cristo: questa è la Buona Notizia, il Vangelo che Pietro e Paolo hanno sperimentato in se stessi e per il quale hanno dato la vita.

Cari fratelli, che gioia credere in un Dio che è tutto amore, tutto grazia! Questa è la fede che Pietro e Paolo hanno ricevuto da Cristo e hanno trasmesso alla Chiesa. Lodiamo il Signore per questi due gloriosi testimoni, e come loro lasciamoci conquistare da Cristo".

"Ricordiamo - ha aggiunto - anche che Simon Pietro aveva un fratello, Andrea, che ha condiviso con lui l'esperienza della fede in Gesù. Anzi, Andrea incontrò Gesù prima di Simone, e subito ne parlò al fratello e lo portò da Gesù. Mi piace ricordarlo anche perché oggi, secondo la bella tradizione, è presente a Roma la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che ha come Patrono proprio l'Apostolo Andrea. Tutti insieme mandiamo il nostro saluto cordiale al Patriarca Bartolomeo I e preghiamo per lui e per quella Chiesa". E qui tutta la piazza ha applaudito. Subito dopo il papa ha invitato tutti ha pregare insieme un'Ave Maria per il patriarca ecumenico Bartolomeo.

Francesco ha anche chiesto a tutti preghiere per "gli arcivescovi metropoliti di diverse Chiese del mondo ai quali poco fa ho consegnato il Pallio, simbolo di comunione". Fra gli arcivescovi vi era anche mons. Dieudonne Nzapalainga di Bangui (Rep. Centrafricana). Nei saluti finali il papa ha ricordato in particolare le comunità del "popolo centroafricano, duramente provato, a camminare con fede e speranza". Il Paese è devastato dalle violenze dei ribelli Séléka, dopo il colpo di Stato del 24 marzo scorso, che ha portato al potere l'ex capo dei ribelli, Michel Djotodia.