Kathmandu, monaco tibetano si dà fuoco nei pressi di uno stupa buddista
di Kalpit Parajuli
L’uomo è il secondo in Nepal a scegliere l’auto-immolazione per chiedere la fine della repressione cinese del Tibet e il ritorno del Dalai Lama a Lhasa. Nel frattempo, la polizia arresta sei cristiani convertiti dall’induismo perché “hanno ucciso una vacca per mangiarla”. La polizia ammette: “Non è reato, ma le pressioni religiose sono forti”.

Kathmandu (AsiaNews) - Un monaco buddista tibetano si è dato fuoco questa mattina durante una preghiera comune nei pressi dello stupa Boudhanath, uno dei luoghi di pellegrinaggio più famosi della capitale nepalese. L'identità del religioso non è ancora confermata ma secondo fonti oculari - che hanno cercato invano di salvargli la vita - era Karma Nyedon Gyatso, attivista per i diritti umani della comunità tibetana arrivato in Nepal nel gennaio del 2012.

Si tratta della seconda auto-immolazione avvenuta al di fuori del Tibet, dove invece sono più di 118 le persone che si sono uccise con il fuoco per chiedere la fine della repressione cinese e il ritorno del Dalai Lama. Secondo la polizia di Kathmandu, il ricovero del religioso presso l'ospedale Tribhuvan è stato inutile, dato che è morto appena dopo l'ingresso a causa delle profonde ustioni auto-inflitte.

Il governo cinese ha chiesto a quello nepalese di "tenere sotto controllo" la diaspora tibetana che vive nei propri confini. Da almeno un anno, infatti, si sono intensificate le proteste estreme contro la dominazione comunista a Lhasa. Secondo Pechino è il Dalai Lama a fomentare questi fenomeni, mentre il leader buddista rimanda al mittente le accuse e ha più volte chiesto ai suoi seguaci di "salvaguardare la vita sopra ogni cosa".

Nel frattempo, la polizia ha arrestato sei persone convertite al cristianesimo con l'accusa di aver macellato una vacca per ottenere della carne. I sei - Hasta Bahadur Chhetri, Hasta Bahadur Chhetri, Krishna Bahadur Chhetri, Krishna Bahadur Chhetri, Resham Poudel e Bed Prasad Poudel - vengono tutti dal distretto Syangja, nella parte occidentale del Paese.

Secondo la legge nepalese, dalla caduta della monarchia indù non è più reato uccidere le vacche, sacre secondo la religione dominante. Tuttavia, la società civile condanna con forza - e ottiene molto spesso l'aiuto delle autorità - coloro che le uccidono per mangiarle. Hari Bahadur Baruwal, ufficiale di zona, conferma: "Stiamo investigando, ma la pressione degli indù potrebbe influenzare il giudizio. Cercheremo di non tenerne conto".