Processo ‘Ergenekon’, l’ergastolo al generale Basbug divide la Turchia
Si conclude il processo alla presunta organizzazione terroristica. Undici ergastoli e decine di condanne per cospirazione. Riprendono le proteste contro il governo. Il premier Reçep Tayyp Erdogan nel mirino della piazza e dell’opposizione.

Ankara (AsiaNews/Agenzie) - L'epilogo del caso 'Ergenekon' e gli ergastoli per 10 personalità militari, tra le quali il generale Ilker Basbug, riaccendono le proteste contro il governo del Primo ministro Reçep Tayyp Erdogan. Ieri, a Silivri, nel tribunale in cui si è concluso il processo, una folla di circa mille manifestanti si è scontrata con la polizia contestando la sentenza. "Coloro che sono dalla parte della verità e del diritto hanno la coscienza pulita - ha commentato su twitter il generale Basbug, a capo delle Forze armate tra il 2008 e il 2010 - io sono tra questi".

Iniziato nel 2007, con la scoperta di un deposito illegale di armi ad Istanbul, il caso 'Ergenekon' ha prodotto 275 indagati, molti dei quali hanno trascorso gli ultimi 5 anni in custodia cautelare, tutti accusati di voler attuare un colpo di Stato. A seguito della sentenza di ieri, 6 generali, 4 colonnelli e un giornalista accusati di cospirazione sono stati condannati all'ergastolo; mentre molte personalità politiche, militari e accademiche di orientamento laico kemalista sconteranno pene differenti tra i 6 e i 47 anni di reclusione.

Sebbene il Primo ministro Erdogan neghi qualsiasi implicazione nelle operazioni giudiziarie, molti analisti e figure politiche dell'opposizione concordano nell'affermare che il processo, di portata epocale, costituisce un tentativo di eliminare una buona fetta dell'opposizione. "Se si accusa di terrorismo una personalità militare che ha guidato l'esercito turco, significa che si sta mettendo in dubbio l'operato delle intere Forze Armate del Paese" ha commentato Akif Hamzacebi, a capo del partito Repubblicano d'opposizione (Chp).

Secondo la tradizione, Ergenekon è il nome di una valle dell'Asia centrale nella quale il mito colloca la nascita del popolo turco. Lo stesso nome è usato per indicare l'organizzazione clandestina, laica e nazionalista, contraria al partito di Giustizia e Sviluppo (Akp) e ricollegata alle alte sfere accademiche e militari.  L'esito del processo omonimo, che da oltre 5 anni investiga su politici, generali, professori e giornalisti, riporta in superficie il profondo conflitto interno tra l'islamismo moderato di Erdogan e il nazionalismo laicista di tradizione kemalista.

Le Forze armate, che tra il 1960 e il 1997 hanno destituito quattro governi eletti, hanno costituito l'ago della bilancia della politica turca fino alla fine degli anni '90. L'avvento dell'Akp e della carismatica figura di Reçep Tayyp Erdogan ha però mutato il rapporto tra governo ed esercito, rafforzando il primo, sull'onda di una crescita economica senza precedenti, e indebolendo il secondo. Molti analisti ritengono che parte degli omicidi di personalità politiche e religiose turche degli ultimi anni sarebbero riconducibili a tale disputa.