La produzione torna a crescere in Cina, ma ignora le piccole e medie imprese
I dati del Pmi relativi ad agosto mostrano la ripresa del settore produttivo. Il governo punta a raggiungere per il 2013 un Pil pari al 7,5 %, necessario per mantenere salari e posti di lavoro, e quindi stabilità sociale. Ma gli economisti avvertono che bisogna “sganciarsi” dai colossi statali e puntare sulle realtà meno sviluppate.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Dopo 4 mesi di recessione, l'attività industriale cinese ha ripreso a crescere grazie a un aumento della domanda interna. Secondo la ricerca compiuta da Markit/Hsbc, il Purchasing Managers' Index (Pmi, indice della produttività) ha toccato in agosto i 50,1 punti contro i 47,7 di luglio. Gli analisti si attendevano un valore intorno ai 50,6 punti. I dati sotto i 50 punti indicano recessione, quelli superiori espansione.

I numeri indicano però che la crescita della Cina, la seconda economia al mondo, sta rallentando. Diversi analisti infatti ritengono che i dati positivi di agosto vadano collegati non a una vera stabilizzazione del mercato, ma alle misure varate dal governo centrale per spingere la produzione economica e raggiungere l'obiettivo di crescita per l'anno in corso, pari al 7,5 %. Questo margine è ritenuto "necessario" per mantenere salari e posti di lavoro, e quindi stabilità sociale. In quest'ottica, nei mesi scorsi Pechino ha varato un nuovo piano di stimolo fatto di tagli alle tasse per le piccole imprese, sostegno per gli esportatori e investimenti nelle infrastrutture.

Le piccole e medie imprese rimangono comunque le realtà economiche con le maggiori difficoltà: l'indice Pmi relativo a queste, infatti, è di segno negativo per il 17mo mese consecutivo. Il problema maggiore per i piccoli industriali rimane quello di raggiungere fonti di credito, poiché solo di recente la crescita del settore ha cominciato a raggiungere l'economia reale e ha migliorato le condizioni di acquisto della popolazione.

Economisti e critici ritengono che l'economia nazionale dovrebbe quindi sganciarsi dai colossi statali (che rispondono al Partito comunista e che ottengono aiuti e agevolazioni fiscali durante ogni manovra finanziaria) e puntare sulle realtà minori. Gli aiuti economici ai giganti della produzione industriale, dell'energia e delle telecomunicazioni avrebbero infatti "drogato" i dati relativi all'economia reale, presentando valori in crescita che sono tuttavia frutto di giochi matematici e non di vero benessere nazionale.