Aung San Suu Kyi ad AsiaNews: Pace e unità, la via per una Birmania democratica
di Dario Salvi
In un’intervista esclusiva ad AsiaNews, la premio Nobel auspica una vera “uguaglianza” fra i cittadini per lo sviluppo della nazione. I conflitti etnici e religiosi si possono superare con “il duro lavoro” di tutti i birmani. Che devono “seguire” la via tracciata dai leader religiosi, assumendosi “la responsabilità di portare la pace”.

Parma (AsiaNews) - Pace e unità sono le "sfide" che la Birmania dovrà affrontare e raggiungere nel prossimo futuro; per conquistare l'obiettivo "è necessario che prenda piede il concetto di uguaglianza" fra tutti i cittadini della nazione. È quanto afferma ad AsiaNews la leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi, in visita oggi a Parma dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria. La Nobel per la pace ha visitato il duomo e il battistero della cittadina ducale, raccogliendosi in preghiera (nella foto) con il vescovo locale mons. Enrico Solmi. Al termine ha accettato una breve intervista in esclusiva, indicando i problemi più urgenti da affrontare e delineando il suo "programma politico" in vista delle elezioni generali del 2015 in Myanmar. 

Ieri a Laiza, città dello Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina, teatro dal 2011 di un conflitto sanguinoso fra le milizie etniche locali e l'esercito birmano, si è aperta una tre giorni di Conferenza di pace. Dai primi segnali è emersa la volontà di arrivare a un cessate il fuoco generale da parte dell'Alleanza, che comprende 18 fra i più importanti gruppi etnici del Myanmar. Al termine del mini-summit, i rappresentanti dovrebbero formulare una posizione comune da discutere ai primi di novembre con Aung Min, il negoziatore capo inviato per conto di Naypyidaw, in un faccia a faccia in programma a Myitkyina, capitale dello Stato Kachin. 

La pace fra le minoranze etniche e il governo centrale "è una grande sfida per noi", sottolinea Aung San Suu Kyi, dato che vi sono molte etnie e nazionalità "diverse fra loro". Per questo, aggiunge, "è necessario lavorare ancor più duramente". "Credo che di base - afferma la Nobel per la pace - vogliamo tutti la stessa cosa, vogliamo vivere in pace. E per far questo è necessario che trionfi il concetto di eguaglianza, tutti si devono sentire pari davanti alla legge, e avere pari acceso e opportunità". 

Da tempo i leader religiosi birmani, fra cui l'arcivescovo di Yangon mons. Charles Bo, hanno avviato una serie di iniziative per cercare di restituire armonia e dialogo fra le diverse confessioni religiose che abitano il Myanmar. La situazione resta tesa fra i buddisti e i musulmani in seguito a una serie di scontri e attacchi mirati contro singoli e comunità, che hanno causato morti, feriti e devastazioni di interi villaggi. Nel contesto delle violenze islamo-buddiste, resta ancora delicata la situazione dei musulmani Rohingya, trattati alla stregua di "immigrati irregolari" in Myanmar; in questo caso alle divisioni confessionali si unisce l'elemento etnico, rendendo la situazione sempre più delicata ed esplosiva.  

"Il vero pericolo - racconta Aung San Suu Kyi - arriva dalle persone che cercano di soffiare sul fuoco del conflitto. Mi dicono sempre perché non condanno l'una o l'altra comunità, ma in questo modo si creano ancora maggiori conflitti, violenze e pericoli". Il compito di tutti, prosegue, è lavorare "per la riconciliazione e la comprensione. Ed è fondamentale che trionfi lo Stato di diritto". 

Infine, la Nobel per la pace rivolge un pensiero ai leader religiosi, che "possono certamente ricoprire un ruolo importante in un'ottica di pace". Tuttavia, conclude la "Signora", sono "le persone stesse che devono cercare la pace. I leader religiosi possono indicare la via, ma è il popolo che deve seguire la strada e conquistare la pace. È compito delle persone, di tutte, assumersi la responsabilità di portare la pace". 

Nata il 19 giugno 1945 a Yangon e figlia del padre della Birmania moderna (Aung San), Suu Kyi ha fondato nel 1988 la Lega nazionale per la democrazia (Nld), chiedendo la fine della dittatura militare al potere dal 1962. Nel 1989 comincia la sua persecuzione come dissidente. Nel 1990, malgrado il divieto di candidarsi, il suo partito ottenne una grande vittoria nelle prime elezioni dopo 30 anni, ma la giunta ignorò il risultato e non cedette il potere. Nel 1991 ha vinto il premio Nobel per la pace e, lo scorso 21 ottobre, ha ritirato al Parlamento europeo il premio Sakharov assegnatole nel 1990. 

Il 2 maggio 2012 - dopo aver trascorso 15 degli ultimi 22 anni agli arresti domiciliari, per ordine della dittatura militare - ha fatto il suo ingresso in Parlamento in qualità di deputato, prima carica ufficiale ricoperta dalla leader dell'opposizione democratica. Nel 2015 il Myanmar si recherà alle urne per le elezioni parlamentari; il voto rinnoverà per intero le Camere, chiamate poi a eleggere il nuovo capo di Stato che succederà a Thein Sein nel caso, come appare probabile, non si dovesse ricandidare. Dopo decenni di dittatura militare, nel 2011 il Paese ha celebrato le prime elezioni (in parte) libere della storia recente, con un turno suppletivo nel 2012 che ha sancito l'ingresso della leader della Lega nazionale per la democrazia.

Aung San Suu Kyi ha dichiarato di voler correre per la carica più alta del Paese. Tuttavia, è necessaria una modifica della Costituzione - approvata dai militari nel 2008 con un voto farsa, in piena emergenza causata dal ciclone Nargis - che, ad oggi, contiene una norma contra personam che impedisce di fatto alla leader democratica di essere eletta. La legge incriminata prevede che non possano essere eletti cittadini sposati o con figli di nazionalità straniera. I due figli della donna sono di nazionalità britannica, così come il loro padre Michael Aris morto per malattia nel 1999.